La famiglia Marzotto tenta di uscire dal tunnel della crisi e nel frattempo mette in cassaforte il controllo di Hugo Boss, il gioiello del gruppo: è questa l'interpretazione prevalente di gestori e analisti in merito all'Opas lanciata da Zignago su Marzotto. Tutti sottolineano la capacità di reazione della multinazionale di Valdagno e il suo equilibrio patrimoniale, ma gli investitori si augurano che nel prossimo incontro, fissato per l'inizio di ottobre, si faccia chiarezza sulle strategie industriali. Ma già 2002 da oggi si sa che l'azienda è orientata a consolidare le linee storiche di sviluppo: crescita nell'abbigliamento di moda, anche grazie al rilancio di Valentino, rivitalizzazione del tessile e riduzione dei debiti attraverso la cessione di cespiti mobiliari e partecipazioni non strategiche.
«Le sinergie tra Marzotto e Zignago, dice Stefano Fabiani, gestore di Zenit Sgr, si limitano alla produzione del lino e quindi l'Opas rientra in un processo di razionalizzazione da parte di azionisti comuni. II nodo però è lo stesso: la società deve dismettere il business tessile e gli immobili non indispensabili se vuole recuperare profittabilità e ridurre i 535 milioni di debito netto, più i 200 facenti capo alla griffe Valentino».
Fabiani spiega che nel tessile gli investimenti devono essere massicci e costanti per sperare di tener testa alle produzioni dei Paesi a basso costo del lavoro. Ma la Marzotto si concentrerà sulle produzioni tessili di alto livello ed è certa di tornare a fare cassa. Come è ragionevolmente certa che alla fine di quest'anno la controllata Hugo Boss continuerà a produrre un utile del 7% sui ricavi. La Zignago ritiene di non dover lanciare un'Opa anche su Hugo Boss, ma, qualora le autorità tedesche lo richiedessero, la società si riserva la facoltà di rinunciare all'Opas Marzotto.