Crescono i ricavi, ma calano i profitti. Il made in Italy arriva alla kermesse della moda donna, a Milano in questi giorni, col fiato corto. E per l’anno in corso gli operatori prevedono un’ulteriore diminuzione degli utili, intorno al 2% (nel 2001 l’erosione è stata dell’1% rispetto all’anno precedente). I primi risultati del 2001, secondo l’analisi di Pambianco Strategie di Impresa realizzata su dodici big del settore (si tratta di preconsuntivi), registrano una crescita media del fatturato del 13,6%, ma a trainare il settore sono stati soprattutto (anzi, solo) i processi di acquisizione.
«Quindi non si tratta di crescite reali, spiega Carlo Pambianco, esperto del settore. La verità è che la redditività è in calo, sia nel 2001 come, secondo le stime, nel 2002. L’unica chance per salvare i margini è operare una pesante revisione dei costi, quindi anche degli investimenti. Ma, acquisizioni a parte, un processo che in prospettiva si sposterà sulle aziende medio-piccole, non vedo la possibilità di crescita per alcuna azienda. L’unica eccezione riguarda il gruppo Tod’s, che nel 2001 registra un incremento del 26,6%» (passando dai 252 milioni di euro fatturati nel 2000 ai 319 milioni del 2001).
La crisi, si diceva, ha inizio già nel 2000, quando l’utile netto del comparto moda passa all’1,8% rispetto al 2,2% del ‘99, mentre il fatturato è passato dai 25,42 miliardi di euro a 28,49 (dati Pambianco su un campione di 608 aziende che operano in diversi settori). La top-ten del 2000 resta dominata dal gruppo Gucci, seguito a ruota da Luxottica e Benetton. E, secondo le prime stime, sarebbe proprio Luxottica, il colosso dell’occhialeria, a superare Gucci nel 2001, che diventerebbe così il secondo in classifica seguito da Marzotto.