Tommy Hilfiger è un marchio di successo con un passato relativamente recente. Ha iniziato ‘copiando’ Ralph Lauren, e rubandogli anche manager nella fase della crescita, ma ha acquistato un’identità più precisa quando ha iniziato a ispirarsi allo street-wear.
Adesso cresce del 30-50% l’anno sui mercati europei e il futuro si prospetta roseo anche per i prossimi anni. Nei prossimi tre anni si prevede l’apertura di 75 nuovi negozi in Europa, molti dei quali in franchising, come spiega Frank Gehring, direttore generale della griffe in Europa.
Tommy Hilfiger fonda la sua società nel 1984, la quota a New York nel 1992 e arriva a fatturare alla fine degli anni Novanta due miliardi di dollari l’anno. Nel 2001 il colosso dell’abbigliamento casual segna un po’ il passo. Le azioni crollano, i profitti sono in calo del 4%. Per il 2003 è in atto un piano di abbattimento dei costi. Ma come si è visto, se il mercato americano è in stallo, l’Europa si sta dimostrando un mercato positivo.
In Italia ci sono tre monomarca –Hilfiger a Torino, Catania e Pesaro e 125 punti vendita. Per quest’anno si prevede l’apertura di due showroom a Milano e Roma e nei prossimi due anni si attende l’apertura di una ventina di boutique.
L’azienda che ha 145 negozi nel mondo, 15 in Europa, si caratterizza per uno stile improntato all’ottimismo, alla vita all’aria aperta e all’America anni ’50-’60. Inoltre si identifica per una campagna pubblicitaria molto aggressiva e accattivante con modelli giovani, belli e di tutte le razze.
Lanciato e finanziato da Mohan Murjani, re del tessile indiano, a cui nel tempo sono subentrati Silas Chou (si dice vero artefice del successo del marchio) e Lawrence Stroll con una quota a testa del 35%, Hilfiger, uomo timido, alla mano e grande lavoratore, detiene il 22% della Tommy Hilfiger Corp., registrata a New York. Nel 2001 il fatturato della Tommy Hilfiger Inc. è stato di circa un miliardo e 880 milioni di dollari. L’utile netto è ammontato a 131 milioni di dollari (+24%).