Il sistema industriale della moda italiana ha fatturato 92 mila miliardi nel 2000 e raggiungerà i 100 mila alla fine del 2001, esporta oltre il 50% della produzione, registra un saldo attivo sulla bilancia dei pagamenti di 25 mila miliardi, alle spalle del solo settore meccanico, ma soffre per la carenza di disponibilità di molte delle figure professionali della filiera.
E' uno degli aspetti rilevati ieri, a Treviso, nel corso di una tavola rotonda promossa da Unindustria dal titolo ''Le professioni della moda tra memoria e futuro'' ed alla quale hanno partecipato noti stilisti, esponenti delle industrie del settore ed operatori dei media.
Ad aprire l'incontro è stato il presidente del Gruppo Sistema Moda di Unindustria Treviso e del raggruppamento Sistema Moda industriali Veneto, Piero Comunello, il quale ha sottolineato come, nelle Marche, il tessile-abbigliamento rappresenti il 15% del totale delle imprese e, con 25 mila unità, il 18% del totale degli addetti, mentre in Veneto le aziende superano le 10 mila e l'occupazione arriva a quota 113 mila.
I relatori che si sono quindi succeduti al microfono, coordinati dal direttore del Corriere Lavoro, Walter Passerini, hanno analizzato le ragioni del successo della moda italiana contrapposte alla scarsa attrazione che molte figure necessarie al funzionamento del sistema hanno nei confronti dei giovani, richiamati da questo settore quasi esclusivamente dall'ambizione di diventare modellisti e stilisti.
I presenti, tra cui le note ''firme'' Giovanna Ferragamo e Gai Mattiolo, l'amministratore delegato di Gattinoni, Stefano Dominella, l'industriale Vittorio Coin ed i presidenti della Camera della Moda e del Sistema Moda Italia, Mario Boselli e Vittorio Giulini, hanno osservato come, a causa anche dell'azione dei media, vi sia un distacco tra la realtà del settore moda e la sua percezione.