Tamara Mellon, fondatrice del brand Jimmy Choo e ora a capo dell’omonimo brand Tamara Mellon, durante un’intervista a Bloomberg TV ha fatto il punto su una questione che scalda gli animi di molti tra gli addetti ai lavori: il rapporto tra fondi di private equity e la moda.
Mellon dichiara che, se potesse tornare indietro, non lascerebbe più il proprio brand nelle mani di un fondo: “L’interesse da parte loro nei confronti della moda è crescente, ma bisogna stare attenti e scegliere con attenzione di chi fidarsi. Se tornassi indietro non lo rifarei per Jimmy Choo: affidarsi a un fondo non è il veicolo giusto da scegliere per fare moda”.
Era l’ormai lontano 2004 quando i tacchi di Jimmy Choo erano stati rilevati, per la maggioranza, da Lion Capital: la cifra della cessione era stata pari a 187 milioni di dollari (95,6 milioni sterline). Da qui, poi, un lungo iter che negli anni ha visto passare la griffe di mano in mano o, per meglio dire, di fondo in fondo: nel 2007 TowerBrook Capital Partners acquisisce l’83% dell’etichetta inglese per 185 milioni di sterline, nel 2011, invece è la volta di Labelux GmbH che accaparra il marchio per 500 milioni sterline. Proprio nello stesso anno, guarda caso, la fondatrice lascia la sua creatura.
Durante l’intervista a Bloomberg, nello specifico, Mellon sottolinea che i fondi non sono adatti alla moda a causa della loro visione a breve termine, mentre questo mondo necessita di orizzonti più ampi. Li accusa, inoltre, di essere troppo concentrati sull’ebitda, piuttosto che sul marchio stesso. Occhi puntati, quindi, sui risultati finanziari piuttosto che sull’identità e le caratteristiche capaci di differenziare un’etichetta dalle altre: la moda è certamente un business, ma un ruolo fondamentale lo giocano la passione, l’emozione che un prodotto è capace di suscitare nel cliente e, non ultimo, il fascino di tutto ciò che ruota intorno a questo mondo. Caratteristiche che spesso si scontrano con la freddezza delle private equity.