Da vent’anni Gianni Versace non c’è più. Il 15 luglio del 1997 il serial killer Andrew Philip Cunanan ha ucciso lo stilista calabrese davanti alla sua villa di Miami. Erano le 9:03 e la notizia si è diffusa subito in tutto il mondo, contornata da una moltiplicazione di domande e di misteri. Cui non ha certo giovato che il corpo senza vita dell’omicida sia stato ritrovato in una house boat il 24 luglio. Poche ore dopo, nel Duomo di Milano si celebrava il funerale del designer che aveva stravolto le regole della moda, inventato il concetto di ‘supermodel’, arricchito di sensualità le riviste patinate e i red carpet hollywoodiani. Venti anni fa Time dedicò la copertina alla scomparsa di Gianni Versace. L’anno prossimo il canale televisivo FX manderà in onda la serie ‘The Assassination of Gianni Versace: American Crime Story’ con Edgar Ramirez, Penélope Cruz e Ricky Martin. Nel mezzo una proliferazione di articoli, interviste, approfondimenti, libri sulla vita e il lavoro di uno stilista che ha cambiato l’idea di intendere la moda, soprattutto a Milano.
Stampe dai colori abbaglianti, riferimenti alla Magna Grecia, sperimentazioni tessili inedite (basti pensare alla famosa maglia metallica, ai motivi barocchi, ai long dress drappeggiati). L’abbigliamento femminile di Gianni Versace ha esaltato il corpo, e consentito alla donna di emulare Naomi Campbell, Linda Evangelista, Cindy Crawford e le altre supermodel che calcavano le passerelle dello stilista applaudito da Madonna, Lady Diana, Elton John e Prince. Versace aveva capito prima di tutti quanto possa essere prezioso il supporto delle celebrity e, decenni prima di influencer e fashion blogger, aveva instaurato collaborazioni speciali a colpi di campagne pubblicitarie scattate da Richard Avedon, Bruce Weber e Herb Ritts.
Ebbene, cosa è accaduto dopo la scomparsa di uno stilista che aveva marcato un segno tanto forte tra il prima e il dopo? Paradossalmente, la sua dipartita ha coinciso con l’affermarsi di brand (si pensi a Roberto Cavalli e Dolce & Gabbana) che hanno in qualche modo colmato un vuoto di offerta rivolgendosi a consumatrici orfane di uno stilista capace di osare, incurante delle critiche conservatrici che ha spesso sollevato.
Anche le nuove leve continuano incessantemente a trarre inspirazione dal glamour di Gianni Versace. Si pensi alla sensualità delle creazioni di Olivier Rousteing per Balmain o alle applicazioni metalliche di Fausto Puglisi. Impossibile non citare Riccardo Tisci, da mesi oggetto di indiscrezioni su un possibile ingresso nella maison della Medusa e, da sempre, grande sostenitore del brand.
Oggi Versace viene diretto da Donatella Versace che, da alcune collezioni, dopo risultati finanziari poco lusinghieri, ha ritrovato uno slancio stilistico apprezzato da critica e pubblico. Un successo che la vede protagonista di una griffe fondata nel 1978, ma ancora intrisa di identità, valori e simboli mai così attuali come dimostra il crescente successo che riscuote sui social network e nella cultura pop attraverso l’endorsement di teen star come Bruno Mars e Lady Gaga. Già da qualche giorno numerosi utenti social stanno tributando il proprio affetto allo stilista.
Sarebbe auspicabile che prima o poi il talento di Versace venisse riconosciuto e celebrato anche dalle istituzioni italiane, magari attraverso una grande retrospettiva simile a quella dedicata ad altri creativi scomparsi troppo presto come Alexander McQueen. E, magari, che a farlo fosse Milano.