Le vendite delle principali aziende bimbo segnano un progresso del 2% nel 2016. Rallenta l’export, ma si risveglia il mercato interno. A trainare sono le griffe.
Nel 2016 la moda bambino ha registrato una timida ripresa. Rallentano i mercati internazionali che negli ultimi anni erano stati l’unico volano delle performance del comparto. Per contro, si registra quella che sembra essere la fine del crollo vertiginoso dei consumi interni. Lo studio sui fatturati 2016 delle principali aziende del childrenswear realizzato da Pambianco Strategie di Impresa fotografa un panel che, complessivamente, realizza un fatturato di 527 milioni di euro, in crescita del 2% rispetto al 2015. Un andamento che batte le stime elaborate da Smi-Sistema Moda Italia, che lo scorso gennaio prevedevano per l’abbigliamento junior un fatturato 2016 di 2,7 miliardi di euro, in crescita dell’1,2% rispetto all’anno precedente, con export in salita del 3,1% a 1 miliardo di euro e consumi interni stabili a 4,2 miliardi.
L’ALTO DI GAMMA TRAINA IL SETTORE
Entrando nel dettaglio dell’indagine, emerge un settore a due velocità: da un lato si nota la performance positiva soprattutto delle griffe e da alcune realtà del settore calzaturiero, dall’altra performance a segno meno dovuta principalmente a processi di riorganizzazioni aziendali e di revisione del proprio portfolio, in primis di quei player che hanno fatto delle licenze il proprio business principale. A dominare il panel è Imac, azienda di Ascoli Piceno cui fa capo il marchio di calzature Primigi. Il 2016 ha visto il fatturato della divisione bambino salire a quota 126 milioni di euro, in crescita del 5,9% rispetto all’anno precedente. In generale, l’azienda, fondata nel 1975 e che controlla anche il brand adulto Igi & Co, ha chiuso lo scorso anno a quota 257 milioni di euro, in crescita del 6,2% rispetto al 2015. Medaglia d’argento per la toscana Miniconf, nella cui orbita ruotano i marchi Sarabanda, iDo e Dodipetto, e che ha registrato un incremento del 3,3% a 77 milioni di euro. L’azienda, nell’ultimo biennio, è stata molto attiva sia sul fronte retail, inaugurando diversi monomarca soprattutto in Est Europa e Asia, sia sul fronte wholesale, sostenendo i clienti con il programma PartnerLab. Al terzo posto, entrambe con un fatturato 2016 pari a 51 milioni di euro, si trovano Mauli, azienda che controlla i brand Birba e Trybeyond oltre a diverse produzioni conto terzi, e la sua consociata Re.com, cui fa capo l’insegna retail Idexè. Le performance, però, sono molto diverse: la prima ha chiuso lo scorso anno in calo del 6%, la seconda invece ha messo a segno un incremento del 7,3 per cento. Scende dal podio l’azienda di calzature Falc, gruppo di Civitanova Marche attivo nel mondo junior con il marchio Naturino e licenze come quella di Moschino baby kid teen, con un fatturato 2016 in crescita del 3,7% a 46 milioni. Stabile a 40 milioni di euro Monnalisa che, insieme a Miniconf, è tra i gruppi childrenswear che hanno partecipato al progetto Elite di Borsa Italiana e che hanno varato un programma di forte espansione retail tra Stati Uniti, Cina e Middle East. La performance migliore del 2016 è quella realizzata da Brave Kid, società specializzata nel kidswear nell’orbita del gruppo Otb. Grazie a un portfolio di griffe junior come Diesel, John Galliano, Dsquared2, Marni e l’ultima arrivata Trussardi, il gruppo ha chiuso il 2016 a +17,2% a quota 39 milioni di euro. A mettere a segno una crescita a doppia cifra (+10%) è anche Il Gufo, con ricavi 2016 per 29 milioni di euro grazie alle performance di mercati come Russia, Medio ed Estremo Oriente e alle aperture retail. Da segnalare Simonetta, in quanto caso positivo trainato dalle griffe, che ha chiuso a 35 milioni di euro (+3,4%): dopo la fine delle partnership con Roberto Cavalli e Fay ha rilanciato con Lanvin, Aston Martin e l’ultima arrivata Emilio Pucci, oltre ad aver trasformato la jv con Fendi in una fornitura esclusiva. A chiudere la classifica in negativo sono due aziende reduci in questi anni da una ristrutturazione del proprio portfolio e delle proprie strategie: da un lato Altana, il cui assottigliamento delle licenze (sono rimaste quelle di Moschino e Dondup) ha portato a una flessione dell’11,2% del fatturato, e dall’altro il calzaturificio Elisabet, in frenata del 25,2% a 16 milioni di euro, che nel 2016 ha avviato il rebranding del marchio Morelli, lanciato il marchio Walkey e creato un nuovo logo per il suo marchio di punta Walk Safari.
di Alessia Lucchese