Nel 2016 l’apparel e il footwear sportivo mostrano i muscoli. Nike campione per dimensione, ma Adidas e Under Armour (con numeri record) alzano il passo.
Tra le punte di diamante del comparto moda emerge sempre più prepotentemente l’activewear. Dal lusso al low cost, sono molteplici i brand che stanno orientando i loro investimenti in questa direzione, introducendo collaborazioni o addirittura linee dedicate alla sfera sportiva, spingendosi verso declinazioni athleisure o activewear, e contribuendo a un mercato che registra tassi di crescita interessanti. Così, nelle principali fiere fashion crescono gli spazi dedicati all’apparel e al footwear sportivo e, parallelamente, nelle città si creano veri e propri quartieri dedicati alla moda active. La forza del settore è confermata dai numeri. Pambianco Strategie di Impresa ha svolto un’analisi sui risultati 2016 dei principali player dell’activewear, un’indagine che attesta l’ottima salute del comparto. Dalla ricerca, infatti, emerge che il fatturato totale del campione preso in esame ha registrato nel periodo una crescita dell’8,6% sfiorando i 65 miliardi di euro. La leadership del settore è indiscutibilmente di Nike che, secondo gli analisti, dovrebbe totalizzare, a fine maggio 2017, un fatturato di 31,6 miliardi di euro, in crescita del 6% sul 2015. In seconda posizione Adidas che, dopo aver perso per anni terreno rispetto alla sua rivale americana, lo scorso anno ha lanciato un aggressivo piano di marketing negli Stati Uniti per sfidare Nike nel suo mercato principale, allungando così il passo verso la casa dello ‘Swoosh’.
Il 2016 è stato per Adidas, che controlla anche Reebok, un anno record che si è chiuso a quota 19,3 miliardi di euro, in crescita del 14%, e un ebitda del 9,8% a 1,88 miliardi. “Il 2016 è stato un anno eccezionale per Adidas”, ha commentato il CEO Kasper Rosted. “Siamo stati in grado di migliorare notevolmente i nostri ricavi e conseguire un utile netto record di oltre un miliardo di euro per la prima volta nella storia della società”. Al terzo gradino del podio si posiziona Under Armour che lo scorso anno ha messo a segno un +21,8% registrando ricavi per 4,4 miliardi di euro (riflesso del +19% del canale wholesale e del +27% del retail). In progressione anche la redditività del colosso di Baltimora, che oggi vanta una crescente presenza nel basket Usa e nel fitness, con un ebitda dell’11,7% a 520 milioni di euro. “Siamo incredibilmente orgogliosi del fatto che nel 2016, ancora una volta, abbiamo registrato un fatturato e utili record, nonostante le numerose difficoltà riscontrate nelle vendite al dettaglio in Nord America nel quarto trimestre”, ha dichiarato Kevin Plank, presidente e CEO di Under Armour. Al quarto posto si classifica Puma con vendite in crescita del 7,1% a 3,6 miliardi di euro grazie alla spinta dell’ultimo quarter. Il marchio tedesco che fa capo al colosso francese Kering ha registrato nel 2016 un ebitda del 5,2% a quota 188 milioni di euro. Secondo Bjørn Gulden, CEO di Puma, il marchio continuerà “a vedere una crescita dei ricavi e un significativo miglioramento degli utili anche nel 2017”. Questi risultati positivi hanno scatenato di nuovo rumors sulla possibilità che Kering possa prendere in considerazione la vendita del marchio acquisito nel 2007, per concentrarsi sui brand del lusso. La top 5 si chiude con Asics che ha archiviato un esercizio fiscale in calo del 6,9 per cento. Nel 2016 il gruppo nipponico ha registrato vendite per 3,2 miliardi di euro con un ebitda del 7,9% a 256 milioni. Il segmento ‘footwear’ pesa per circa l’83% e ‘l’apparel’ per il 13 per cento. A livello geografico, la performance di vendita ha segnato un -2,3% in Giappone, un -7,3% in Europa e un -17% in America. In crescita, invece, il Far East (+3,6 per cento) e Oceania e Asia Meridionale (+7%). Per il 2017, il gruppo guidato da Motoi Oyama ambisce a una “crescita sostenibile”, trainata dalla forza del segmento training, la cui implementazione è al centro del nuovo piano strategico.
di Rossana Cuoccio