Mimma Posca, numero uno della divisione prestige di Vranken-Pommery e CEO per l’Italia, racconta il percorso nella maison. Tra vigneti, arte e luoghi speciali.
Il lavoro che ha realizzato in Italia negli ultimi anni è diventato una best practice ed è stato premiato con un ruolo importante ai vertici della casa madre. Mimma Posca svela i traguardi raggiunti nel nostro Paese, presidiato dai vini e dagli spumanti, e le strategie future. Con un marchio di champagne, Pommery, posizionato nel segmento del lusso e distribuito nei luoghi più esclusivi. E che da brand, diventa esperienza.
181 anni di attività, di cui 10 in Italia. Qual è la storia che racconta il marchio Vranken-Pommery?
È un viaggio in un universo fatto di raffinatezza, eleganza e tradizione. Era il 1836 quando nasceva la maison e il 1858 quando Madame Pommery prendeva le redini dell’azienda, nel segno della tenacia e dell’ambizione. Si può dire che abbia anticipato i tempi: fu antesignana dei movimenti turistici enoici, della promozione dei prodotti fuori dai confini francesi, del dialogo tra vino e arte. Una storia che si è tramandata nel tempo sia nel posizionamento che nell’attenzione al territorio: il Domaine Pommery si estende tutt’oggi su 50 ettari tra edifici e verde e attira ogni anno migliaia di visitatori con la sua architettura, i vitigni coltivati a giardino e i 18 chilometri di cantine sotterranee, ricavate dalle cave di gesso gallo-romane.
Quanto è importante il nostro Paese per il brand?
Direi fondamentale. Non soltanto a livello economico, considerato che il 10% delle vendite Pommery nel mondo arriva proprio dall’Italia, ma anche a livello di immagine e di gusto. Siamo arrivati qui nel 2008 per volontà del proprietario nonché presidente del gruppo Paul-Francois Vranken (Pommery è nel portafogli di Vranken Pommery Monopole, secondo produttore mondiale di champagne, dal 2002, ndr): il mercato è di altissimo livello, c’è cultura e curiosità, rappresentava una finestra sull’Europa che andava aperta. Quando siamo arrivati, la quota di consumo di champagne in Italia era del 2,5%, adesso siamo al 4%: ciò significa che il premium ha mercato. Quattro anni fa abbiamo trasferito i nostri uffici da Piacenza a Milano, nel cuore della città e proprio a fianco della incantevole Pinacoteca Ambrosiana che custodisce il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci. A riprova che il richiamo all’arte è per noi fondamentale.
Com’è organizzata la distribuzione in Italia?
La strategia commerciale di Pommery si basa sulla differenziazione del prodotto in base ai canali, una scelta che definirei molto coraggiosa. Siamo attivi nei primi tre segmenti top (prestige, super premium e premium) e lavoriamo sui prodotti in base alla distribuzione che poi avranno. I canali principali sono tre: il mercato off trade, che ha una linea dedicata, il premium, e il mercato b2b, attraverso collaborazioni con altre grandi aziende come Bmw ed Estée Lauder, che promuovono il proprio brand attraverso le nostre attività. Con la causa d’auto, per esempio, sviluppiamo il Concorso d’Eleganza Villa d’Este, mentre con il brand di beauty organizziamo un trofeo di golf.
Qual è il segmento che vi dà maggiore soddisfazione?
Senza dubbio quello premium: abbiamo una distribuzione selettiva che copre le fasce alte, tramite partnership con grandi catene di hôtellerie e di ristoranti, in primis quelli che appartengono al circuito Michelin e ai Jeunes Restaurateurs. Tra gli alberghi in Italia con cui abbiamo instaurato i rapporti più saldi ci sono, per esempio, il Four Seasons e il Park Hyatt di Milano, il Westin Europa&Regina di Venezia, ma anche il Gran Meliá di Roma. E poi c’è tutto il segmento leisure, che comprende anche golf club, spa e in generale tutti i luoghi di convivialità e scambio.
Lei è entrata in azienda nel 2008 e ha poi raggiunto il ruolo di CEO della filiale italiana. Da due mesi però ha assunto anche la carica di International Direction Sales Prestige. Quali sono le sfide e gli obiettivi da raggiungere?
Condurre la maison nei luoghi più rappresentativi dell’accoglienza e della ristorazione d’eccellenza, partendo dalla Francia per poi estendersi all’internazionale. E ribadire ogni giorno il fil rouge che ci lega alla nostra storia, alle origini e all’arte. E anche alla seduzione: lo champagne non è un vino né un prodotto commerciale. È un mezzo di relazioni, un modo potente per avvicinarsi a qualcuno: non è un caso che Madame de Pompadour, nel Settecento, lo abbia introdotto nelle corti per sedurre re e cortigiane. Ha un forte messaggio vocativo e un grande impatto sui nostri rapporti quotidiani in ogni ambito. La mia missione è trasferire questo messaggio ai nostri partner e ai clienti finali.
Qual è il target price del vostro champagne in Italia?
La forchetta del prezzo retail nel nostro Paese varia tra i 27 e i 34 euro.
A livello di prodotto nel 2016, anniversario del marchio, avete lanciato il primo nature nella storia della maison…
La Cuvée Louise 2004 Nature è uno champagne eccezionale, quasi più vicino al vino con la sua anima eterea, leggera e raffinata. Anche in questo caso si tratta di un’esperienza, molto più che di un prodotto. Andremo avanti in questo senso.
di Caterina Zanzi