Il protezionismo contagia le passerelle e, contrariamente a quanto si possa pensare, Milano è tra le città più aperte ai marchi stranieri. A vincere la sfida dell’internazionalità, secondo il confronto stilato da Pambianco Magazine sui calendari delle quattro capitali della moda, è Parigi, dove il prêt-à-porter donna per l’autunno/inverno 2017-18 può vantare un 45% di marchi stranieri in passerella. Milano, tuttavia, non se la passa male, visto che registra un 20% di sfilate internazionali. Cifra che è largamente superiore a quelle delle capitali della moda anglosassoni, che paiono per giunta in progressiva chiusura. A New York la percentuale di stranieri si limita al 10%, mentre Londra fa anche peggio, fermandosi sotto il 9 per cento.
A vantaggio della capitale francese, oltre al primato storico per il debutto dei défilé, c’è la tradizione dell’alta moda, che negli anni ha portato molte aziende straniere (è il caso, per esempio, delle italiane Valentino e Giambattista Valli) a scegliere la Ville Lumière anche per le sfilate ready-to-wear.
Dal canto suo, la fashion week di Milano, in passato erroneamente ‘accusata’ di scarsa internazionalità, si dimostra aperta e promotrice dell’arrivo di griffe e creativi da tutto il mondo. “A Milano – ha raccontato a Pambianco Magazine Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana (Cnmi) – si registra da tempo una buona percentuale di brand stranieri, soprattutto tra gli emergenti. Nel Fashion hub market (progetto a sostegno dei brand più giovani, per lo più ospitati nell’Unicredit Pavillion, ndr) abbiamo accolto molti nomi provenienti dall’estero. E anche in passerella. Si pensi a Vionnet che da Parigi si è spostato a Milano, o alle sfilate all’interno di White, abbiamo un buon numero di stranieri”, ha concluso Capasa.
Globetrotter inclusi anche nei calendari più ‘chiusi’ di Londra e New York i designer cinesi (si pensi a Vivienne Tam a New York, Xiao Li a Londra, Annakiki e Ricostru a Milano, Uma Wang, Masha Ma e Shiatzy Chen a Parigi), che oggi sono la presenza straniera più rilevante delle quattro manifestazioni.
Il confronto tra le diverse settimane della moda è parte di un più ampio dossier pubblicato sul numero 4 di Pambianco Magazine, che traccia le direttrici del recente risiko della fashion week, imposto da fenomeni come il see now-buy now e le sfilate unificate per uomo e donna, e accende i riflettori su location emergenti come Los Angeles.