Creativo e business man, oggi l’architetto di interni deve relazionarsi con orizzonti sempre più internazionali e mercati che cambiano.
Il recente Design Market Monitor della società Bain&Company, presentato ad ottobre da Fondazione Altagamma, ha registrato il 2015 come il primo anno di ripresa solida dalla crisi del 2009. Un fatturato complessivo pari a 100 miliardi di euro e crescite differenti a seconda delle zone del mondo: crescita del 4% per l’Europa, altrettanto positivo il mercato Usa, ma su tutti spicca quello asiatico con un 7% in più. Una trasformazione del mercato dunque che vede lo spostamento da zone conosciute, ad altre meno battute. Altrettanto evidente è la capacità del design di essere uno dei settori più ricettivi nei confronti delle innovazioni tecnologiche e dei cambiamenti degli stili di vita. Eloquente in questo senso una delle dichiarazioni più famose di Norman Foster che ben descrive l’attualità: “Si progetta per il presente, consapevoli del passato, per un futuro ancora sconosciuto”. Insieme con l’analisi della trasformazione del settore, si registra su scala internazionale una riflessione sul ruolo dell’interior designer. Christopher Turner, direttore della prima Biennale di Design di Londra, ha lanciato la sfida ufficiale, invitando designer e architetti a trovare nuove soluzioni in risposta alla domanda ‘come può un designer trasformare il futuro e come può farlo in ogni parte del mondo?’. La varietà dei risultati, secondo quanto dichiarato dal giornalista e curatore, è stata straordinaria ed estremamente provocatoria. Il ruolo dell’interior designer sembra essere fondato su due pilastri fondamentali: l’elevata percepibilità dei cambiamenti e un’attitudine visionaria rivolta al futuro. Cheryl Durst, vice presidente esecutivo e CEO di IIDA (International Interior Design Association) in questo senso, infatti, dichiara a Pambianco Design: “Penso che l’interior designer sia un umanista. E’ vero che la progettazione attuale richiede lo studio delle persone, dei loro stili di vita e di come l’ambiente costruito possa avere un impatto positivo sulla salute e il loro benessere, ma, allo stesso tempo, l’interior designer è chiamato ad essere uno stratega, un creativo.
E’ sempre stato così”. Viene rilevata dalla Durst una nuova consapevolezza rivolta alle motivazioni e alle spinte concettuali che muovono la progettazione prima, e la variabilità dei mercati poi. “Il nostro mondo è sempre più piccolo – continua Durst – e si lavora sempre di più su progetti internazionali. Ci sono molti vantaggi in questo sistema di design globale, ma bisogna stare attenti a non perdere la cultura unica di un luogo e la prospettiva insita in ciascun mercato. Il ruolo di un progettista non può cambiare da paese a paese, può cambiare da progetto a progetto”. Si trova d’accordo anche Davide Crippa, docente a contratto di Interior Design al Politecnico di Milano, che afferma: “L’interior designer progetta rispondendo al mercato di riferimento ma non abbandona mai il proprio personale linguaggio estetico”. L’identità, soprattutto dell’eccellenza italiana, è infatti considerata un prodotto di marketing, ed è fondamentale che l’architetto d’interni mantenga questa riconoscibilità, nella progettazione e nell’esportazione di un’atmosfera. “Nel caso specifico dell’interior design – aggiunge l’architetto Carlo Ratti – ci interessa consegnare all’utente uno spazio adattabile, un ambiente duttile che possa essere trasformato in base alle sue esigenze. Le nuove tecnologie e l’Internet of Things ci permettono oggi di sperimentare in questa direzione”. La progettazione si fa quindi territorio più flessibile e aperto, che vive del contributo attivo di team multidisciplinari e dell’abbandono della figura dell’archistar in favore di un progettista più “corale”, come lo definisce Ratti, “capace di armonizzare le diverse voci in un accordo consonante.” Anche dal punto di vista dei designer, quindi, la consapevolezza del proprio ruolo, che non si limita esclusivamente alla progettazione, è sempre più forte, così come lo è l’attenzione alla velocità della crescita dei mercati: “I grandi sviluppi immobiliari – spiega a Pambianco Design il designer francese Jean Louis Deniot – spesso coinvolgono designer internazionali anche per aiutare a promuovere il progetto. Il tempo oggi sta andando molto più velocemente e ci si trova a lavorare con ritmi e concorrenza molto più elevati rispetto a quindici anni fa”. Secondo l’architetto parigino, il ruolo del designer d’interni racchiude oggi una considerazione differente del business che, di fronte all’ampliamento dei mercati, ha comportato una nuova necessità di controllo del bilanciamento tra valore estetico e senso economico. Ed è proprio quel valore estetico, secondo l’architetto Marco Piva, a fare dell’Italia il leader dell’interior design del mondo. “Il progetto d’interni, che non prescinde mai dal progetto architettonico, deve tenere più che mai conto del luogo dove viene realizzato perché l’integrazione e la coerenza con l’ambiente circostante sono basilari. E’ per questo che il movimento dei mercati è tanto importante”. L’architetto, che recentemente ha presentato i nuovi interni dell’Excelsior Hotel Gallia di Milano, continua così: “La storia e la cultura italiane fanno sì che si realizzino opere di qualità ed elevata raffinatezza, e che il lusso venga sempre interpretato con eleganza”. Piva si dice convinto che in Italia ci siano tutte le possibilità per produrre, e che l’architetto d’interni abbia a disposizione spazio e risorse per realizzare ciò che viene richiesto tanto dai nuovi mercati asiatici, quanto da quelli statunitensi: il made in Italy, che non è solo un modo di vivere e un’idea, ma una progettualità ben precisa, a carico degli architetti e dei designer.
di Costanza Rinaldi