Dopo i fasti a cavallo del millennio, oggi il segmento viene rilanciato da griffe e fast fashion. Si accendono le acquisizioni. E si creano i quartieri della moda sportiva.
Lo sportswear torna al centro delle strategie della moda. I segnali sono molteplici: il recente lancio delle linee sport di griffe come Philipp Plein o Prabal Gurung, ma anche di insegne del fast fashion come Zara, passando per le numerose capsule collection o collaborazioni cross-settoriali, dove l’athleisure e il casual incontrano il lusso o la creatività di personaggi famosi (è il caso della label Fenty x Puma by Rihanna) e ambiscono ad assumere la stessa valenza che ha avuto fino ad ora l’abbigliamento formale. Una serie di messaggi raccolti da Pitti Immagine per l’edizione invernale dedicata all’uomo ha riconosciuto, inoltre, un ruolo chiave alle declinazioni sportswear. L’obiettivo delle aziende è estendere il raggio d’azione a un mercato globale, quello dell’apparel e del footwear sportivo, che, secondo il report Evolution of Athleisure di Euromonitor International, dovrebbe toccare i 16 miliardi di dollari entro il 2020, con una crescita costante del 4% annuo. A incidere sulla variabile di crescita, spiega il report, non sono solo i trend legati alla salute e al benessere, ma anche il dress code sempre più casual sdoganato dalle aziende della moda, con una fetta crescente di consumatori pronti a comprare capi sportivi per il loro “valore sartoriale”. Secondo le elaborazioni di Sistema Moda Italia su dati rilevati da Sita Ricerca, nel 2016, in Italia, lo sportswear maschile, “dopo un inizio d’anno in calo”, ha visto una crescita dei consumi del 3% circa a maggio e giugno. Ancora meglio è andata al segmento femminile che, nei mesi maggio-giugno, ha registrato una progressione del 9 per cento. L’apertura all’abbigliamento informale caratterizza del resto anche la vita quotidiana in ufficio: il casual friday, l’abbigliamento più comodo dell’ultimo giorno lavorativo della settimana, divenuto un must nelle aziende della Silicon Valley ai tempi del primo boom della net economy (a cavallo del secolo), si sta estendendo all’intera settimana. Complice, si legge sul Wall Street Journal, il mood di una nuova generazione di manager che tra i 20 e i 30 anni ricopre già ruoli direttivi. tra debutti e collaborazioni Il fenomeno ricorda i tempi d’oro di brand come Valentino Sport e Missoni Sport, senza dimenticare linee speciali come Prada Luna Rossa, etichette che hanno riscosso notorietà a partire dagli anni ‘90 per il mix tra stile e tessuti performanti, ma che nel tempo hanno perso smalto. Oggi, sono diversi i livelli in cui le aziende della moda declinano la loro risposta alla domanda del mercato: dal punto di vista creativo, con collezioni prêt-à-porter che sperimentano tessuti e accessori performance, o investendo sul lancio di linee dedicate, sia nell’up-market sia nel fast fashion, o di capsule create a quattro mani con colossi come Nike o Adidas. Pronto a cavalcare il fenomeno, alla fine della scorsa estate il designer Philipp Plein ha annunciato il lancio dell’etichetta Plein Sport, definendola “il primo active sportswear brand sul mercato”, a metà strada tra un prodotto di diffusione e le proposte sportive dei marchi più esclusivi. Al debutto lo scorso settembre in circa 500 negozi nel mondo, la label potrà presto contare sulle prime boutique dedicate, a Milano, Parigi e Amsterdam e sarà oggetto di una presentazione durante Milano Moda Uomo (il menswear della main line Philipp Plein sarà invece in passerella a New York). Debutto nell’activewear anche per Prabal Gurung, che lo scorso settembre, in concomitanza con le passerelle newyorkesi, ha presentato la linea femminile Prabal Gurung Sport, scegliendo la modella e influencer Hailey Baldwin come volto della campagna di lancio. Tra le maison che sempre più spesso introducono capi e accessori sportivi all’interno delle loro proposte ci sono oggi Roberto Cavalli con l’etichetta Gym, Bikkembergs con la sua Sport Couture e Versace con la Athleisure Collection. Il brand della medusa ha inoltre scommesso sullo sportswear di lusso nella collezione primavera/estate 2017, nobilitando tessuti come nylon e jersey: “Lo sportswear è il futuro della moda, renderlo unico e lussuoso è la mia sfida, questa stagione”, ha dichiarato Donatella Versace dopo la sfilata di settembre. Stessa centralità, pur a fronte di un impegno meno strutturato da parte delle fashion houses, per le capsule collection realizzate dalle griffe in partnership con i marchi dell’abbigliamento da performance: KWay per N°21, Adidas Originals by Alexander Wang, Marni per Zalando, nella quale la griffe di Otb ha reinterpretato i best-seller di Dr.Marten’s, Reebok, Timberland e Vans, o la collaborazione tra Nike e Kim Jones, direttore artistico del menswear di Louis Vuitton, sono solo alcuni degli esempi di limited edition all’insegna dello sportswear deluxe.
LA RISPOSTA DEL FAST FASHION
Ad approfittare dei trend legati all’attività fisica, al benessere e a un dress code votato alla praticità, sono anche le insegne del fast fashion, la cui proposta abbraccia talvolta sia l’abbigliamento sia oggetti di equipment, con una declinazione più active. È il caso di Zara, la cui linea sportiva sviluppata per yoga, pilates, tennis e nuoto, comprtende anche bottiglie di acqua e attrezzi per l’allenamento. La linea del marchio del gruppo Inditex, che ha debuttato negli store la scorsa primavera, va ad aggiungersi a quella dei competitor Mango, Ovs e H&M, che hanno optato per corner dedicati all’interno dei propri negozi e che spesso si sono avvalsi, per il design dei capi, della collaborazione di atleti professionisti (H&M Sport, per esempio, è studiata in collaborazione con atleti della squadra olimpica svedese). Lo scorso marzo è stata inoltre la volta dell’italiana Benetton che ha fatto il proprio ingresso nel mondo performance con la sua Sport Collection, disponibile in una selezione di punti vendita United Colors Of Benetton.
DUE RUOTE NEL MIRINO
A confermare la centralità strategica del settore è anche la prima acquisizione nel mondo dello sport di lusso da parte di Lvmh. Il fondo L Catterton, in cui il gruppo guidato da Bernard Arnault ha apportato L Capital ottenendo una quota del 40%, è infatti entrato nel capitale di Pinarello Holding, produttore trevigiano di bicilette, pronto a supportarne l’espansione internazionale e l’apertura di nuovi concept store. Fondata nel 1952, la società è guidata dalla famiglia fondatrice e produce 30mila pezzi l’anno tra bici e telai, l’85% destinati ai mercati esteri, soprattutto Stati Uniti, Giappone e Australia. Secondo la stampa internazionale, il colosso francese del lusso avrebbe inoltre messo gli occhi su Rapha, marchio britannico specializzato in abbigliamento e attrezzature ciclistiche dalle alte prestazioni. La sperimentazione nel mondo delle biciclette ha rigurdato in passato anche griffe come Dolce & Gabbana (che nel 2012 ha lanciato un modello dalla stampa leopardata del valore di circa 2mila euro), Chanel, Hermès, Fendi e Gucci, che hanno optato per modelli handmade, destinati ad un pubblico high-spending di affezionati.
LE VIE DELLO SPORTSWEAR
Dal canto loro, i colossi dello sportswear si sfidano a colpi di opening, per strategie di espansione retail che, come accade per le vie del lusso in tutto il mondo, individuano zone di riferimento e tappe obbligate per il giusto posizionamento. A Milano il nuovo polo dello sport è in piazza Gae Aulenti, cuore dell’area di Porta Nuova, dove, dopo Nike e Colmar, anche New Balance ha inaugurato il suo primo punto vendita milanese, seguita da Reebok con l’opening del primo experience store. Negli Stati Uniti la partita si gioca invece a New York, dove gli spazi sulla Fifth Avenue non sono più appannaggio delle maison del lusso, ma location di nuovi megastore. Dopo l’inaugurazione del flagship di Nike a Soho, che vanta uno spazio espositivo di oltre 5mila metri quadrati, Adidas ha infatti aperto il suo più grande punto vendita al mondo al civico 565 della Quinta strada, inaugurando un nuovo concept destinato a plasmare, in linea con la tradizione sportiva dei diversi Paesi, tutti i nuovi opening. La prossima mossa, a livello di espansione retail nella Grande Mela, toccherebbe ora a Under Armour che, secondo quanto riportato dalla stampa Usa, nel 2018 dovrebbe sbarcare all’incrocio tra la Fifth Avenue e la 58esima strada.
di Giulia Sciola