La nascita del marketing human to human ha imposto Facebook e Linkedin anche alle aziende di mobili che non si rivolgono direttamente al cliente finale.
Da 4,94 milioni di dollari nel 2013 a 10,10 milioni nel 2015, con la previsione per il 2017 di arrivare a 15,15 milioni di dollari. Secondo i dati della American Marketing Association, le aziende B2B degli Stati Uniti investono budget sempre più cospicui sui social media. E, per quanto riguarda l’Europa, la spesa, che nel 2013 era di 2,35 milioni di dollari, si è duplicata nel 2015 arrivando a 4,74 milioni, con la previsione, stimata, per il 2017 di raggiungere i 6,85 milioni di dollari. La presenza sui social, negli ultimi anni, è diventata un’abitudine consolidata, redditizia ed efficace, anche per le aziende che non si rivolgono direttamente al consumatore finale. E questo perché la nascita di questi canali ha avviato il processo di superamento della storica suddivisione del marketing in B2B e B2C: i consumatori, da sempre considerati soltanto come rappresentazioni di numeri, dati e statistiche, oggi, grazie ai social network, sono diventati potenziali influencer del brand, sancendo così la nascita del marketing H2H, ovvero human to human. Per quanto riguarda il mondo del design e dell’arredo il discorso non cambia. Anzi. “I social – conferma a Pambianco Magazine Mirco Cervi, chief digital officer del Gruppo Italian Design Brands, holding del design italiano nata nel maggio 2015, cui fanno capo marchi quali Gervasoni, Letti&Co. VeryWood e Meridiani – vengono spesso accostati solamente ai brand B2C, ma, in realtà, prima di tutto parlano a persone, che poi nella vita professionale sono anche architetti, proprietari di negozio, interior designer oppure semplici appassionati.” Sempre secondo l’American Marketing Association, il 72% dei buyer negli Stati Uniti usa i social media durante il processo di acquisto, e più della metà, il 53%, segue discussioni sui questi canali come parte del processo di ricerca. Che sia il desiderio di svago, spesso anche nelle ore lavorative, o la necessità di generare nuovi contatti, le persone ‘finiscono’ su questi canali. L’abitudine a fare un check sui profili social fa parte ormai dei processi di selezione delle realtà con le quali si vuole lavorare. “In ambito B2B – racconta Paolo Lorini, consulente e advisor indipendente in design strategy, management, communication – i social sono particolarmente interessanti perché permettono di aumentare l’awareness, quindi la conoscenza e riconoscibilità di un brand nella mente di persone che automaticamente possono diventarne ambassador, nel momento in cui lo consigliano ai loro clienti.” Ecco quindi che la forza del marketing human to human è proprio quella di basarsi sulla relazione che si riesce a instaurare tra l’azienda, rappresentata anche dalle persone che ci lavorano, e chi decide di scegliere quell’azienda, siano essi consumatori finali o progettisti: “Grazie alla tipologia di prodotto che noi proponiamo, cucine completamente customizzabili – afferma il direttore commerciale e marketing di Aster Cucine, Paolo Zonghetti – il modo di approcciare e comunicare con i social è molto utile perché ci consente di andare a intercettare il nostro pubblico di architetti e interior designer proprio nel momento in cui stanno progettando e hanno l’esigenza di ricevere ispirazioni e suggestioni”. E continua: “Social e reparto commerciale da noi viaggiano in parallelo: per prima cosa, principalmente attraverso Facebook, Linkedin e Instagram, ci dedichiamo a identificare quello che è il nostro universo di riferimento e a profilarlo, segue il contatto telefonico e subito dopo l’organizzazione dell’incontro vis a vis.” Ma quali social performano meglio tra le aziende B2B del design e dell’arredo? Dati alla mano, Facebook continua a non avere rivali diretti, sia in termini di creazione di awareness sia in termini di lead generation e di vendite: è un must have, anche e soprattutto perché ha degli strumenti incredibilmente sofisticati di targettizzazione che gli altri social non hanno, quindi permette all’azienda di individuare un pubblico molto preciso sul quale puntare.
Discorso diverso invece per Linkedin, secondo social per importanza nel mondo B2B: mentre il fiore all’occhiello di Mark Zuckerberg è ancora percepito e utilizzato come un luogo di scambio e informazione più o meno ludico, e quindi per le aziende risulta più semplice esserci con poco sforzo e anche attraverso contenuti leggeri, il social recentemente acquisito da Microsoft continua a mantenere il primato nel mondo professionale, anche se “le aziende necessitano – continua Lorini – di una produzione di contenuti più sostanziosa per rendersi appetibili al target di riferimento. E questo non tutte lo sanno fare o se lo possono permettere”. “Direi quindi che è bene adottarlo in una fase 2 in cui è possibile mettere a budget una risorsa che scriva articoli, in italiano e in inglese, utilizzando dati attendibili e, quindi, prevedendo se necessario anche l’acquisto di una ricerca specifica”. Cosa che Aster Cucine, per esempio, ha fatto, attraverso l’investimento di una risorsa interna, esclusivamente dedicata a questi nuovi mezzi di comunicazione E per quanto riguarda il social di photo sharing per antonomasia: “Su Instagram è bene prevedere una strategia ibrida B2B-B2C, push da una parte e pull dall’altra”, conclude Lorini: “La prima si usa per conquistare gli architetti e i progettisti, che attraverso le foto del prodotto ambientato, hanno continue idee di soluzioni finali da poter proporre ai propri clienti. Quella pull invece è rivolta al cliente finale, che, vedendo direttamente la foto del prodotto, lo richiederà all’architetto. E questo processo di solito funziona molto bene. I consumatori sono colti, attenti e preparati, proprio perché in grado di avere accesso a sempre più informazioni attraverso i social.” Invece la recente vertiginosa crescita di Snapchat per il momento sembra che non abbia alcuna rilevanza per le aziende B2B: il social dei contenuti che si autoeliminano dopo 24 ore, molto amato dai millennials, è più legato al mondo B2C e difficilmente utilizzabile in una strategia B2B, che per sua natura ha l’esigenza di costruire contenuti e valore che durino nel tempo. Quindi, anche per il B2B la rivoluzione social apre universi dalle molteplici facce e variabili. Ma con alcuni punti fermi. “Per quanto riguarda il processo di vendita – riprende Zonghetti – ciò che fa la differenza rispetto ad altri canali è la velocità di contatto con i potenziali clienti ma poi, proprio per via di questa facilità di reperimento da parte di tutti, si evidenzia ancora di più la differenza che fa la conoscenza diretta. E’ curioso: il virtuale si concretizza e diventa vincente passando dal reale, dalle persone. Per instaurare un rapporto di fiducia, vedere una faccia e stringere una mano continuano a rimanere una garanzia anche nell’era digitale”. “I social – conclude Cervi – hanno democratizzato il modo di comunicare, con i pro e i contro che ciò ha comportato. Siamo tempestati di comunicazioni, abbiamo molte, troppe informazioni e tutti sono titolati a dire tutto. D’altra parte, sono un mezzo che ha dato opportunità e voce a chi prima non l’aveva e quindi abbiamo visto nascere ‘competitor’ online che nell’offline non avevamo. In Italia gli strumenti e le tecniche ci sono, ma c’è ancora molta strada da percorrere per una corretta trasformazione digitale, prima di tutto a livello culturale”. La sfida, quindi, è aperta.
di Alessia Perrino