La fine di un modello, quello della retail expansion e dei mercati facili, lascia spazio all’era digitale, in cui si impone una strategia multichannel e, soprattutto, lo sviluppo di un’intelligenza 4.0 dal ‘valle’ al ‘monte’. Il ventunesimo Convegno Pambianco Deutsche Bank ha sancito la consapevolezza di un futuro fatto di e-commerce, ma soprattutto di logistica e operations.
Innovazione e velocità. Ma, soprattutto, velocità nell’innovazione. Tanto che, in occasione della ventunesima edizione del convegno annuale di Pambianco Strategie di Impresa, anche quest’anno in partnership con Deutsche Bank, e intitolata, appunto, ‘Innovazione e velocità – Le rivoluzioni in atto nell’industria della moda e del lusso’, le riflessioni si sono concentrate su un quadro di sistema completamente differente dagli anni recenti. Infatti, pare ormai esserci la consapevolezza condivisa della fine di un’era, quella della retail expansion, che appena lo scorso anno era stata oggetto di analisi nello stesso evento. In tempi rapidissimi, quasi prepotenti, i protagonisti della moda e del lusso hanno preso atto della necessità di un mutamento strutturale, generato dall’affermazione del digital, che deve coinvolgere non solo il segmento a valle, ma soprattutto quello a monte: la filiera. Perché le vorticose accelerazioni dello scenario attuale non si fermano al fenomeno del see now-buy now (snbn). Anzi, come evidenziato dall’analisi di apertura David Pambianco, vicepresidente di Pambianco Strategie di Impresa, le trasformazioni del ‘tempo zero’ richiederanno una profonda rimodulazione di strategia e creatività, per la quale le aziende della moda e del lusso dovranno sviluppare nuovi know how in relazione al prodotto, alla gestione del brand, ai canali di vendita e alla logistica. Insomma, nella ex sala grida della Borsa Italiana, davanti al consueto pubblico di oltre 600 imprenditori e professionisti del fashion nazionale, l’onda dell’innovazione ha viaggiato a una velocità mai vista, sull’intero asse del lusso.
UN PALCO, UNA VISIONE CONDIVISA
L’edizione dello scorso 10 novembre del convegno si è presentata anch’essa all’insegna del cambiamento. A differenza degli anni scorsi, non sono state organizzate tavole rotonde, ma i 14 protagonisti (5 dei quali intervistati dal direttore del Tg La7 Enrico Mentana, vedi articoli seguenti) si sono alternati sul palco con la possibilità di un’ampia presentazione delle proprie strategie e della propria visione. Nella parte istituzionale del convegno, è stata subito tangibile l’identità di vedute sul cambio di passo del sistema, nonché sul fatto che Milano sia nel momento migliore per affrontare la sfida, visto che i diversi commenti hanno condiviso la sensazione di una fase di rinascita importante per la capitale italiana della moda (anche il Financial Times, in quei giorni, ha acceso più volte i riflettori su un rilancio della città sorprendente, essendo terminato l’effetto Expo). “Il titolo di questa edizione – ha esordito Flavio Valeri, Chief Country Officer Italy Deutsche Bank, aprendo subito la discussione sul cuore del problema – è quanto mai appropriato. ‘Innovazione e velocità’, infatti, sono necessarie per affrontare i cambiamenti come il snbn, e le complessità logistiche che comporta”. Una complessità che, peraltro, non potrà più essere risolta da crescite facili (più di un relatore ha ricordato la fine “dell’aiuto ricevuto dal boom cinese degli ultimi anni”), poiché “il lusso – ha proseguito Valeri – registrerà crescite moderate, il mercato si espanderà lateralmente”.
PROTAGONISTA, LA FILIERA
Ma Milano, attenzione, da sola non basta più. Già in passato, la filiera (intesa in senso lato come l’intera catena del prodotto, da monte ai negozi) è stata spesso oggetto di richiami da parte delle istituzioni del lusso, ma in questa edizione ha giocato da attore principale. “Il settore – ha esordito Carlo Capasa, presidente di Camera nazionale della moda – vive un momento di grande energia. Ma occorre guardare al futuro”. E qui ha toccato il punto che oggi pare muovere tutto: il see now-buy now. Attenzione, ha spiegato, a identificare il snbn come driver capace di risolvere la sfida digitale: “Alcuni brand del lusso – ha precisato Capasa – ci hanno già provato, e i risultati non sono stati eclatanti”. Soprattutto, secondo Capasa, il snbn è un miraggio pericoloso per la filiera italiana, “che si basa su creatività e tempi propri, due aspetti che, se persi, potrebbero tradursi in una perdita di identità”. Occorre dunque “essere lucidi quando si parla di velocità”. La strada è combinarla con l’intelligenza condivisa dell’industria 4.0 e “con il tema della sostenibilità che deve essere una peculiarità della nostra filiera”. “La filiera – ha esordito Claudio Marenzi, presidente di Sistema moda Italia – fa parte del lusso. Anzi, molte volte il lusso è il monte della filiera”. La questione, ha precisato il manager, è la connessione dei diversi protagonisti e, in questo, rispettare maggiormente la parte industriale. “La quarta rivoluzione industriale – ha spiegato Marenzi – si traduce nell’integrazione tra elementi fisici e digitali, concetto che comprime i tempi e i passaggi”. Se si vuole ragionare in questi termini, dunque, è “fondamentale parlarsi lungo la catena del prodotto, superare la coercizione che il valle spesso esercita sul monte, e condividere le informazioni che arrivano dal mercato: i grandi marchi, insomma, devono legarsi alla filiera”. Ma l’obiettivo non è così a portata di mano, fa parte, appunto, della fase di rivoluzione in atto nella moda e nel lusso. “Non è facile – ha concluso Marenzi – ma occorre formare le persone per la nuova mentalità 4.0”.
UNA SFIDA A 360 GRADI
La complessità della sfida è emersa in modo chiaro dall’intervento di David Pambianco. Il vicepresidente di Pambianco Strategie di Impresa ha presentato “un’analisi di scenario, meno densa di numeri rispetto al solito, ma più focalizzata sull’interpretazione dei fenomeni”. L’intervento ha preso origine dai profondi mutamenti imposti dall’affermarsi del “digitale e della tecnologia, fattori che stanno cambiando in modo permanente il mondo dell’industria e della distribuzione, perché hanno reso concretamente possibile il contatto diretto tra brand e consumatore”. Questa democratizzazione, che già ha travolto altri sistemi industriali (si pensi a editoria, viaggi e finanza), si traduce in nuove segmentazioni (“non più geografiche, bensì anagrafiche”) e in nuovi player (“i social media, i grandi e-retailer multi brand, i blogger e le super modelle che stanno cambiando il pubblico planetario”). Lo scenario che si presenta “richiede un nuovo know how in termini di gestione del brand, offerta di prodotto, canali di vendita e logistica/operations”. In prospettiva , Pambianco, per quanto al mercato, ha indicato “bassa crescita del lusso (con incrementi del 2-3% annuo), aumento delle vendite online fino a un’incidenza del 15% delle vendite (con i leader vicino al 20%); spostamento dei consumatori dall’acquisto di prodotti fisici a quello di esperienze (viaggi, Airbnb, Uber)”. In termini di retail, “non spariranno i negozi – ha proseguito – ma andranno rimodulati in un’ottica multichannel, nella quale il monomarca sarà un tassello di un percorso multi-point”. Sul fronte del brand, Pambianco ha evidenziato come “le aziende tenderanno a gestire in autonomia la comunicazione end-to-end, fino al consumatore finale, tagliando di fatto fuori l’editoria tradizionale”. Un concetto, quello dell’azienda editore, emerso in modo concreto dall’intervista di Alessandro Varisco CEO TwinSet, introdotta dalla presentazione del cortometraggio ‘Per sempre’ firmato dal regista Paolo Genovese. “Vogliamo diventare un’azienda produttrice di contenuti per i consumatori – ha commentato Varisco – sui quali nascano occasioni di riflessione e di discussione”.
LOGISTICA E OPERATIONS PER TUTTI
Lo sviluppo dei contenuti è funzionale alla ricerca di una “sempre più accentuata personalizzazione”, altro punto evidenziato da Pambianco. E coerente con il progressivo “aumento degli investimenti sulla filiera digitale e sulla logistica”. Il tema di un’azienda a rete intelligente, capace di dialogare in tempo reale con le sue propaggini a monte e a valle, è stato menzionato anche da Remo Ruffini, Chairman and Managing Director di Moncler, il quale ha raccontato la storia del marchio, ricordando come il punto di svolta sia stato “comprendere l’errore di non essere vicino al consumatore”. Una volta scelta la strada del dialogo con l’intero mondo Moncler (“i negozi sono diversificati città per città”), l’imprenditore ha evidenziato “la complessità crescente di recepire e interpretare il mercato. È sempre più difficile, aumentano i parametri, la logistica è quasi impossibile”. Di conseguenza, pur non credendo al snbn (del resto “noi non facciamo moda, ma prodotti che rimangono”), l’imprenditore si è detto convinto della “necessità di dare uno stimolo continuo al consumatore, a prescindere da quando vendi”. Anche Marco Bizzarri, presidente e amministratore delegato di Gucci, ha fatto capire l’importanza di una squadra reattiva e “capace di prendere decisioni” lungo l’intero perimetro di azione del brand. Il manager ha raccontato l’evoluzione del marchio dal momento del suo incarico, agli inizi del 2015, quando “si è deciso di dare un taglio netto col passato recente, di fare disruption, e perciò era necessario cercare persone con la voglia di rischiare”. Da qui la coraggiosa scelta di affidare la direzione creativa ad Alessandro Michele, e la fase di completo ripensamento dell’intero universo Gucci. “Per poter controllare una realtà come questa – ha concluso il manager – la logistica è diventata cruciale: tutto fa riferimento al centro, ma occorre gestire e spedire tutto al momento giusto. Ecco perché si prendono rischi, e si adotta una cultura del rispetto per chi sa prenderseli”. UN
OCCHIO ALLA CULTURA
Nella fase di trasformazione accelerata che vive il mercato, un’attenzione particolare si è ritagliato il tema della ‘cultura’. Ne ha parlato Ruffini, portando l’attenzione sul fatto che “Milano, per quanto oggi viva un momento di grande energia, dovrà far fronte alla concorrenza di città come Venezia, Firenze e Roma, verso le quali il consumatore si sposterà al crescere della consapevolezza culturale”. Sul tema è stato chiaro anche Michele Norsa, fino a qualche mese fa alla guida di Ferragamo, e oggi impegnato in diversi board del lusso (ma non esclude un ritorno in prima persona per altre sfide interessanti). “L’immagine dell’Italia non è mai stata così buona – ha spiegato -, ma occorre considerare la velocità del cambiamento. La learning curve cinese e dei turisti in generale, oggi è velocissima”.
di Luca Testoni