L’amministratore delegato del Fondo d’Investimento Italiano racconta l’ecosistema delle imprese. I fattori propedeutici al successo restano le dimensioni, ma anche la capacità di allearsi. “Noi – afferma – contribuiremo ad aggregarle”.
Le dimensioni, per sopravvivere al contesto internazionale, contano. E, laddove non vi è grandezza, allora deve subentrare un’aggregazione di imprese. Di questo, insieme all’evoluzione del Fondo Italiano d’Investimento, ha parlato l’amministratore delegato Carlo Mammola, intervistato da Enrico Mentana durante il 21° convegno Pambianco Deutsche Bank.
Nel contesto attuale, come cambiano le regole del gioco?
Le regole del gioco stanno cambiando. Per definire come, bisogna fare mente locale sul nostro sistema industriale, le cui caratteristiche di successo sono molto peculiari. All’inizio c’era un fortissimo tasso di imprenditorialità, individualismo esasperato, la volontà di preservare la propria impresa, di mantenerne il controllo passandola da una generazione all’altra e il forte ancoraggio localistico. Purtoppo, buona parte di questi fattori si rivelano essere, oggi, punti di debolezza. Negli ultimi anni c’è stata un’accelerazione, la velocità con cui i fenomeni industriali si manifestano è aumentata e i tempi di reazione devono necessariamente ridursi. A causa di questo, il livello di complessità è aumentato. Ciò ha portato a un’esasperata situazione competitiva che, a sua volta, ha esercitato una forte pressione sul sistema delle imprese. Adeguarsi o soccombere, è questo il trade-off.
Come ci si adegua?
Bisogna incrementare la propria capacità competitiva e renderla idonea al confronto. E cosa influisce sulla capacità competitiva? La dimensione, in primis, tanto che gli esperti parlano di dimensione minima competitiva sotto la quale non si ha successo. Questa dimensione aumenta al crescere della complessità, e, pertanto, è indispensabile essere strutturati per supportare più investimenti e occupare posizioni a livello internazionale. Va da sé che la polverizzazione del nostro sistema industriale, originariamente fattore di successo, ora è un elemento di debolezza. Bisogna quindi aggregarsi. Inoltre, le imprese devono dotarsi dei fattori indispensabili, come il management, di caratura internazionale e professionale.
Ci fa esempi positivi e negativi, all’interno del vostro portafoglio?
Prima di fare qualche esempio ci terrei a dire che, nella misura in cui l’imprenditore renderà possibile e consentirà la trasformazione, allora lì può subentrare un investitore internazionale. Perché i casi di successo sono quelli nei quali si è creato un connubio tra imprenditore e investitore, al quale deve aggiungersi il terzo elemento fondamentale: il management. Connubio che deve essere di tipo culturale. I casi di non successo, infatti, sono quelli in cui questo allineamento non c’era. Al momento, non ha senso fare esempi poiché il fondo si trova in una fase di cambiamento e quindi portare casi non sarebbe significativo di ciò che andremo a fare nel futuro.
Cambiamento in che termini?
Si è verificato un cambiamento di azionariato del Fondo Italiano che vede da 6-7 mesi uno degli azionisti, prima paritetico rispetto agli altri, oggi di riferimento, ovvero Cassa Depositi e Prestiti, che ha deciso di cambiare le linee strategiche e dunque di indirizzare il Fondo a determinare un significativo impatto sullo sviluppo industriale del Paese. In principio l’attività era di mero investimento, ora è questa la funzione primaria. Quindi, da investitori di accompagnamento, assumiamo un ruolo in prima linea a fianco degli imprenditori.
Cosa trova ora l’imprenditore?
Ora trova un partner che definisce la strategia e lo accompagna nello sviluppo. Non solo, contribuiremo ad aggregare le aziende tra di loro. Questo sia nell’ambito del settore sia nella filiera, così da creare un caposettore, un apripista che faccia da esempio. Tra gli elementi necessari per perseguire tale scopo, sicuramente quelli proposti dall’industria del 4.0, dunque la digitalizzazione. E, a tal proposito, un fattore propulsivo al cambiamento è sicuramente l’attuale allineamento delle istituzioni con le imprese.
di Sabrina Nunziata