In uno scenario di progressivo ripensamento delle aperture di negozi, ci sono città, nel mondo, dove investire sul retail di lusso è ancora la strategia vincente. E, tra queste città, ci sono Milano, assieme a Parigi, Londra, New York e Hong Kong. Lo sostiene la ricerca ‘Luxury Goods ‘Store Wars’ 2016 — A Shift in Focus from Expansion to Profitability’, seconda edizione di uno sforzo congiunto da Bernstein e Boston Consulting Group, finalizzato a comprendere quali mercati possano ancora reggere un’espansione dei negozi d’alta gamma e quali, al contrario, sono oversaturated e registreranno probabili chiusure nei prossimi anni.
“In un periodo in cui i brand del lusso – si legge nell’abstract dello studio – stanno spostando il proprio focus dall’espansione del network distributivo verso una maggiore ricerca dell’efficienza, ci attendiamo un’evoluzione continua della strategia retail. L’industria sta rallentando in seguito al livello di maturazione raggiunto dal mercato cinese, e la crescita del canale online sta riducendo la necessità di store marginali. Inoltre, ci aspettiamo una ristrutturazione continua del network di negozi per adeguarsi sempre alle opportunità dei mercati”.
Detto questo, Bernstein indica ai marchi del lusso tre pillars lungo i quali muoversi.
Il primo sono le città ‘Tier 1’, quelle top luxury “dove – spiega il report – c’è il maggiore traffico di lusso nel mondo, come Parigi, Londra, New York, Milano e Hong Kong. Queste location avranno probabilmente molteplici store per brand con un mix tra flagship e selected store nelle aree chiave per massimizzare le opportunità derivanti dal turismo e dagli abitanti locali”.
Il secondo pillar sono le città ‘Tier 2’, ossia dominanti ma con consumo locale, “dove c’è un notevole passaggio, ma più basso delle città top. Esempi di questo tipo di location sono Washington Dc, Busan e Nagoya, con turismo principalmente di origine regionale e consumatori domestici. Qui, per i luxury brand, la scelta è quella di uno o due ‘traffic store’ per città (generalmente uno) con dimensioni tali da massimizzare la densità delle vendite”.
Il terzo pillar sono le ‘Marginal cities’. “In conseguenza al focus futuro sul taglio dei costi (per esempio, gli affitti), ci aspettiamo che le città minori saranno probabilmente servite dall’e-commerce e non richiederanno store fisici”. Peraltro, per questa tipologia di location, Bernstein individua anche rischi da non sottovalutare. Per esempio, in Cina, ci sono centri in cui “i costi dei negozi sono ridotti, ma essere sovra rappresentati rispetto alle esigenze del mercato mette in pericolo la percezione di esclusività del brand. Perciò molte maison hanno già annunciato la strategia di chiusura, incuse Lv, Gucci e Burberry”.