Dopo solo un anno e mezzo e tre stagioni, il direttore creativo di Roberto Cavalli, Peter Dundas, lascia il proprio ruolo all’interno della maison. L’ultima collezione dello stilista, nominato nel marzo del 2015, è stata dunque quella presentata a Milano lo scorso settembre. Ma non è l’unica novità in casa Cavalli. L’azienda ha anche annunciato un progetto di “riorganizzazione aziendale” a partire dai prossimi giorni. Il progetto, si legge in un comunicato, “è finalizzato al ritorno alla redditività a livello operativo della società nel 2018 e ad assicurare solide prospettive per il rilancio del marchio”.
La riorganizzazione prevede la semplificazione dell’assetto aziendale oltre alla chiusura della sede e dell’ufficio stile di Milano, con il trasferimento di tutte le funzioni a Osmannoro, in provincia di Firenze. Inoltre, è prevista la razionalizzazione della produzione, della logistica e della rete retail, attraverso una serie di chiusure e/o ricollocazione di alcuni negozi. Il progetto, infine, prevede una riduzione dell’organico a livello mondo di circa 200 dei 672 dipendenti complessivi.
La griffe, acquisita per il 90% nel maggio dello scorso anno da un gruppo di investitori guidati dal fondo Clessidra, ha chiuso il 2015 con un fatturato di 179,7 milioni di euro, in calo del 14,2% rispetto all’esercizio 2014. L’ebitda consolidato al 31 dicembre 2015 era negativo per 1,6 milioni di euro, mentre l’utile netto aveva raggiunto i 32,7 milioni di euro, in miglioramento rispetto al rosso di 9,7 milioni del 2014.
L’uscita di Dundas, ex Pucci, è solo l’ultimo di una serie di valzer di poltrone che ha connotato il settore moda nell’ultimo periodo. Tra le uscite più eclatanti dell’ultimo anno, quella di Raf Simons da Dior, di Maria Grazia Chiuri da Valentino, di O’Shea da Brioni, di Arthur Arbesser da Iceberg e di Facchinetti da Tod’s.