Vogue contro i blogger: è il mercato, bellezza. Questo il concetto che emerge da una serie di interviste ai buyer condotte da Pambianconews sul tema della rivalità tra giornalisti e influencer, scoperchiato nei giorni scorsi da Vogue Us. Lo scontro ha fatto il giro del web e, probabilmente, genererà una nuova fase dei rapporti tra editoria e social. Intanto, anche i negozianti riflettono sull’argomento, talmente delicato che alcuni tra quelli più coinvolti con i blogger hanno preferito non commentare. Qualcuno lo definisce un fenomeno “eccessivo”, qualcuno dice “pericoloso”, quel che è certo è che tanti di quei “ragazzetti” sono una realtà che il fashion system deve tenere in considerazione, a cominciare da chi, fino a ieri, “era la Bibbia della moda”.
Il primo a commentare è Mario Dell’Oglio, titolare dell’omonima boutique palermitana e presidente della Camera Italiana Buyer Moda. “È il mercato a dare consensi o dissensi, e in quest’ottica va analizzato il successo o il fallimento di un progetto di comunicazione. Che gli influencer abbiano un forte seguito è indiscutibile: più che contestarli, i giornali dovrebbero capire come competere con questi ragazzetti”. E quanto all’accusa mossa ai blogger di dare maggior risalto alle aziende con cui collaborano, l’imprenditore è netto: “Non credo che le realtà editoriali possano criticare la difficoltà dei blogger di scindere tra informazione e pubblicità: quale giornale non fa servizi redazionali sulle aziende che pianificano?”.
Per Beppe Angiolini, titolare della boutique Sugar di Arezzo, il problema è piuttosto quello della caratura professionale. “Quello dei blogger – spiega – è un fenomeno che si sta allargando in modo esagerato e non possiamo certo limitarlo. Tuttavia, pochi di loro conoscono la moda. Una buona fetta dei giovani influencer non dà niente al fashion, e in alcuni casi toglie”.
Secondo Vinicio Ravagnani dell’omonima catena di multibrand, “i blogger sono ormai un’altra voce importante della moda, che non può più soltanto essere ‘scritta’, ma dev’essere interpretata in presa diretta. Questi ragazzi hanno influenzato un mondo che i giornali non riuscivano a toccare, ovvero il web, scardinando così un sistema editoriale che si sentiva la Bibbia della moda. D’altra parte, chi li ha resi importanti? Sono stati gli stessi giornali che ora li criticano”.