“Se da una parte il Regno Unito rappresenta il quarto mercato per export dei nostri prodotti, è anche vero che ormai Londra, come Parigi, rappresenta una destinazione di transito verso altri Paesi e che gli impatti per le nostre aziende, se ci sarà, potrà essere alquanto limitato. D’altra parte, l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa ci fa perdere un avversario che sia nel passato che nel presente ha osteggiato la nostra industria: dalla battaglia sulle produzioni del Pakistan, al riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina, fino al Made In”. Sono queste le parole di Claudio Marenzi, presidente di Smi- Sistema moda Italia, a commento della Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, votata dal 52% dei cittadini inglesi.
Ad oggi, si legge in un report di Sanford C. Bernstein & Co, la Gran Bretagna rappresenta il 6% del mercato del lusso in termini di vendita, mentre la popolazione inglese incide per il 3-5 per cento, dati che inquadrano un’esposizione diretta limitata, fatta eccezione per player locali dell’alto di gamma come Burberry. “E’ troppo presto – spiega il report – per inquadrare gli effetti della Brexit sull’economia globale. La fiducia dei consumatori europei dipenderà dall’incertezza politica dei prossimi due o più anni, quando verranno definiti i dettagli dell’uscita del Paese dall’Unione Europea”.
In ogni caso, qualcuno sta pagando il conto. In mattinata, Yoox Net-a-porter perdeva quasi il 6% a Piazza Affari, “penalizzata – si legge sull’agenzia Reuters – dal fatto di avere il mercato britannico come una delle più importanti fonti dei suoi ricavi”. Venerdì aveva lasciato sul terreno circa 10 punti percentuali.