Gli analisti stimano un’incidenza del 7% sul turnover totale. Una soglia strategica confermata da Versace, Aeffe e Geox. Per gli altri brand, i risultati sono top secret.
e aziende della moda ne parlano poco volentieri. Ma, da quanto emerge, confermano la soglia strategica stimata dagli analisti (vedi articolo precedente): le vendite online incidono per il 6-7% del turnover delle maison del lusso. Lo aveva anticipato Gian Giacomo Ferraris, l’allora amministratore delegato di Versace, nel corso dell’ultimo Convegno Pambianco. Il manager, lo scorso novembre, avveva sottolineato l’importanza che il digital ha per la griffe: “A oggi le vendite online, tra quelle che avvengono direttamente dal nostro e-commerce e quelle che si verificano su altri service, rappresentano l’8% del fatturato”. Ferraris aveva spiegato che, per Versace, il cui fatturato nel 2015 è cresciuto del 31,2%, il web rappresenta anche un espediente per ovviare “alle barriere fisiche del retail”. In altre parole, integrare l’offerta commerciale nei negozi con i capi in vendita nel canale online permette di far fruttare al meglio gli spazi fisici, sempre più costosi, migliorando le vendite per metro quadrato e la profittabilità. Ma se Ferraris ha comunicato la soglia fatidica con naturalezza, lo stesso non si può dire per molte altre griffe.
IL ‘MISTERO’ DELL’E-COMMERCE
Delle 11 aziende prese in considerazione da Pambianco Magazine (un campione delle principali quotate italiane del comparto lusso) soltanto due, Aeffe e Geox, hanno condiviso i dettagli. Le altre hanno negato la possibilità di condividere i dati sulle vendite web. La motivazione? Nella maggior parte dei casi, trattandosi di aziende quotate, la risposta è stata che “non è possibile fornire dati sull’e-commerce”. Altri, come Bottega Veneta, fanno leva sulle “policy di gruppo”. Altri ancora, come Prada, parlano di “dati sensibili che in quanto tali non rientrano nel bilancio”. Un alone di mistero che fa intendere il valore strategico del web: Bottega Veneta, Brunello Cucinelli, Gucci, Moncler, Prada, Salvatore Ferragamo, Tod’s e Valentino, di fatto, mantengono il top secret.
I DATI DI AEFFE E GEOX
Al contrario Aeffe, società cui fanno capo i marchi Alberta Ferretti, Philosophy di Lorenzo Serafini, Moschino, Pollini, Jeremy Scott e Cédric Charlier, ha messo a disposizione i propri dati, dichiarando che il fatturato online alla fine del 2015 era di 18,8 milioni, il 7% dei ricavi complessivi (che sono stati di 268,8 milioni di euro). La percentuale di crescita è stata del 35% e la stima per i prossimi 2/3 anni è di una “crescita delle vendite e-commerce a tassi buoni e sostenuti”. Oltre che sui siti proprietari, i prodotti dei brand di Aeffe sono disponibili su diversi e-tailer, tra cui Yoox Net-a-porter Group, Luisa Via Roma, My Theresa, in aggiunta ai canali e-commerce dei department store internazionali, come Saks Fifth Avenue e Barney’s. Il canale e-commerce di Geox, invece, ha prodotto nel 2015 ricavi per 59 milioni di euro, con un obiettivo di turnover nel 2018 di 89-94 milioni Anche in questo caso, la soglia è dunque appena sotto il 7% (6,7%). Il direct e-commerce, vale a dire quello operato direttamente sul proprio sito, ha registrato un boom del 149% nel 2015 sull’anno precedente, mentre quello wholesale – ovvero quello operato su siti terzi tra cui Amazon, Zalando, Sarenza e Yoox – è cresciuto del 34%, con un’incidenza sul totale del canale wholesale del 15 per cento.
FRONTI APERTI
Gli sforzi dei brand, nei prossimi anni, saranno con ogni probabilità concentrati sull’e-commerce., e soprattutto sulle vendite online dirette. “Nel momento in cui si realizza che si tratta di una frontier di crescita strategica, i marchi tenteranno di gestire internamente, più che sui vari marketplace, le vendite sul web”, spiega Luca Solca, analista a capo della divisione Global Luxury Goods di Exane Bnp Paribas. I brand saranno chiamati, così, ad aprire un altro ‘fronte’, con conseguenze ancora difficili da prevedere. Quel che è certo, per ora, è che “le aziende di dimensione media, già in difficolta a gestire un business tradizionale su scala globale, avranno ancora piu pressione”, conclude Solca. Da qui, la tendenza sempre più pronunciata (v. articolo successivo) al consolidamento: ci sono tutti i pressuposti per prevedere che le strategie di alleanze si moltiplicheranno.
di Caterina Zanzi