“Sono un Narciso”, dice lo stilista Puglisi. è pronto a replicare sull’uomo la sensualità disinibita delle creazioni femminili. “Per attrarre i temerari”.
Milano, Corso Venezia. A pochi passi dai fenicotteri di Casa Invernizzi, dalla famosa piscina di Villa Necchi e dal suo primo monomarca, c’è lo showroom di Fausto Puglisi. Al terzo piano di un imponente edificio storico lo stilista messinese si racconta alla vigilia del suo esordio nel mondo del menswear. Tagli audaci, colori saturi, applicazioni preziose e stampe grafiche sono ormai imprescindibilmente legati alle sue creazioni. Dal 2013, i capi prêt-à-porter hanno iniettato un’overdose di sensualità tra le passerelle della Milano fashion week e si prevede la stessa misura di anticonformismo anche tra i padiglioni della prossima edizione di Pitti Immagine Uomo che ospiteranno l’universo maschile del designer. Come sarà la prima collezione menswear di Fausto Puglisi? Sarà Fausto al 100%, molto borderline. Un total look fearless, senza alcuna paura. È un progetto in cui credo tantissimo e ho sempre sognato realizzare. Gli impegni e le scadenze sono aumentate notevolmente. Ma, nonostante il calendario sia raddoppiato, mi diverto moltissimo perché lo faccio con la stessa passione che avevo quando ero davvero giovane e immaginavo di creare indumenti per uomini e donne.
Quale tipologia di uomini ti interessano particolarmente?
Mi piacciono liberi, eroici, soprattutto dal punto di vista fisico. Gli uomini mediterranei del sud, che si formano in strada. Mi è capitato di conoscere uomini apparentemente semplici che ascoltano musica classica con amore, non è retorica ma verità; ho incontrato uomini che coltivano la propria cultura leggendo libri per curiosità. In strada ho trovato persone molto più curiose che altrove; la curiosità è quello che scatena tutto, culturalmente e sessualmente. Tutto il mio percorso è stato costruito intorno alla curiosità, difficilmente guardo indietro a quello che è stato, sono sempre concentrato sul prossimo progetto. Mi affascina il concetto di ‘royalty’, la regalità che può essere rappresentata anche da un uomo dagli occhi neri, con la pelle dorata che vende cozze in mezzo alle strade di Napoli indossando una catena d’oro: è regale. Sto seducendo le temerarie, ora vorrei attrarre anche i temerari.
Dove trova ispirazioni per le sue collezioni?
Mi stimolano sempre di più i posti dove non ci sono leggi, mi piacciono i posti in cui ti crei da solo. Città come Istanbul, Napoli e il Sud America, luoghi in c’è un senso della disciplina meno ferreo. Amo vivere in posti disciplinati ma sono ispirato da quelli in cui c’è una forte creatività. In Italia adoro Napoli e Palermo. Amo Istanbul, dove ho anche vissuto, e il Sud America. Inoltre mi interessa tutto ciò che è collegato al senso del potere slegato dall’etica, riferito unicamente all’estetica. Quello che oggi dovrebbe fare un designer è regalare emozioni, innescare sogni da tradurre in business.
L’ultimo viaggio?
New York. Adoro camminare in Uptown, passeggiare lungo Madison Avenue e Central Park. Alloggio al Carlyle, esco alle sette di sera, poi vado a ballare e rientro a piedi. Da ragazzino ho vissuto a New York, ma in Downtown che ritengo sia ancora oggi molto stimolante, in continua evoluzione. Ma il cuore di NY resta Uptown.
Chi sono le clienti di Fausto Puglisi?
Non ci sono barriere anagrafiche, vanno dai 15 agli 80 anni, è fantastico! Oggi, nel monomarca in via Spiga, è entrata una signora milanese di 70 anni che ha saccheggiato il negozio. Vesto sia la donna estremamente sexy sia quella conservatrice, mi rappresenta perfettamente una t-shirt in crêpe di lana nera senza decorazioni ma anche un crash di stampe indossate con cintura gioiello.
Quali sono le tue passioni?
A me piace da morire l’arte, soprattutto quella classica. Mi ispira immensamente; quando visito i giardini di Boboli o il Museo di Capodimonte resto incantato. L’arte è delirio, è meraviglia, è stupore, è vertigine. A Parigi ho acquistato un libro dedicato al museo dell’Hermitage, favoloso. Amo anche i romanzi, l’ultimo che ho letto è ‘L’altro capo del filo’ di Andrea Camilleri. Recentemente ho visto e apprezzato il film “American History X” di Tony Kaye. Ultimamente ascolto spesso “Bluson Noir” di AaRON ma anche l’opera, la musica barocca, Madonna e gli AC/DC.
Il suo primo store milanese è in via Spiga 1, di fronte all’ex multibrand Spiga2 dove anni fa erano in vendita le sue prime creazioni da esordiente. Che effetto fa?
È strano, è karmico. Una coincidenza assurda, il destino. Sono nato in Spiga2 e ora il mio primo negozio è lì di fronte. Sono molto riconoscente a Domenico Dolce e Stefano Gabbana (ideatori di Spiga2, ndr), ho un grande rispetto nei loro confronti. Sono stati tra i pochissimi italiani a darmi una chance.
Che rapporto hai con i social network? Cosa rappresenta per te Instagram?
Condivido il punto di vista di Anna Wintour: Instagram è un moodboard. Oggi viviamo di questo, in base a come ci sentiamo raccogliamo delle immagini che ci rappresentano. Io sono un Narciso, forse lo sono tutti i figli degli anni 80, la nostra generazione è fatta di molti esibizionisti, basta saperlo. È inutile negare che se siamo su Instagram ci divertiamo a mostrarci. Mi piace il modo estremamente democratico di poter comunicare un’emozione: una statua in un museo, un nudo, un sorriso, un mio vestito, un selfie, un fiore e tutto ciò che mi aiuta a stare bene. Sul mio Instagram personale condivido solo le cose che mi rappresentano.
Oltre alla sua linea è anche direttore creativo di Ungaro, come si rapporta al brand?
Ad Ungaro mi interfaccio con grande libertà, conscio del fatto che c’è un dna molto preciso ma in evoluzione. Lo rispetto ma seguo il mio istinto. Potrebbe esserci in futuro una collezione couture? Certamente! E già faccio pezzi molto vicini alla couture. Mi diverte perché non hai barriere e spingi l’acceleratore.
Potrebbe esserci in futuro una collezione couture?
Certamente! E già faccio pezzi molto vicini alla couture. Mi diverte perché non hai barriere e spingi l’acceleratore.
di Marco Caruccio