I big della moda italiana non quotata vengono bocciati in trasparenza. Secondo i risultati della ricerca Webranking, ricerca focalizzata sulla valutazione della qualità della comunicazione corporate sui canali digitali, realizzata da Lundquist, le società italiane non quotate sono largamente al di sotto della sufficienza. E, nel grigiore generale, “come lo scorso anno – si legge nella nota – delude il Made in Italy: i settori food e fashion ottengono i risultati più bassi”.
Solo 2 delle 50 aziende valutate (Sace e Granarolo) hanno superato il 50% del punteggio massimo (ottenendo più di 40 punti su un totale di 80). 35 aziende sono state bocciate (ottenendo meno del 30%) e 13 aziende vengono rimandate (ottenendo tra il 30 e il 50% del punteggio).
In particolare, “per quanto riguarda il fashion – precisa la ricerca – le quattro società incluse dallo studio (Versace, Calzedonia, Dolce & Gabbana e Armani) pur rivolgendosi a un pubblico internazionale, mantengono una comunicazione digitale davvero modesta. Nessuna delle quattro imprese fornisce informazioni sulla proprietà, sul bilancio annuale né, tantomeno, su quello di sostenibilità. Solo Calzedonia parla di strategia di crescita e solo Versace esplicita i nomi della prima linea manageriale”.
Il comparto moda è quello con il punteggio medio più basso (11,1% del punteggio massimo), il che “si traduce in occasioni di comunicazione e di business perse. Il settore del fashion e del lusso italiano – commenta la ricercatrice Webranking Martina Scapin – è uno dei più riconosciuti a livello internazionale, ma è anche stato uno dei settori che ha subito importanti crisi a livello di reputazione per la sua sostenibilità sia in termini finanziari sia di impatto sulla società. Tuttavia, le aziende del settore non hanno migliorato la trasparenza della propria comunicazione e nessuna sembra puntare sulla sostenibilità per differenziarsi”.