Guadagni record per Michael Kors, presidente onorario e direttore creativo del brand omonimo e per John Idol, presidente e CEO, che, secondo quanto riportato da Wwd, nel 2014-15 hanno toccato i 15 milioni di dollari (circa 13 milioni di euro) di stipendio, a seguito dell’aumento di vendite di un terzo rispetto all’anno precedente da parte del brand.
Kors e Idol hanno ricevuto, ciascuno, 2,5 milioni di dollari di salario ai quali si sono aggiunti 5 milioni di bonus basati su provvigioni che garantiscono ad ognuno dei due il 2,5% dei guadagni della società, fino a un massimo di 5 milioni. L’incremento della ‘paga’ è stato poi spinto dall’aumento del 25,1% in stock option, valutabile a 7,5 milioni di dollari. Altri compensi, non meglio specificati dalla testata americana, avrebbero portato nelle tasche dello stilista 131mila dollari e in quelle di Idol 83mila dollari.
A dispetto delle preoccupazioni dell’azienda in merito a un calo di vendite in Nord America, tutte le linee hanno performato bene nell’anno fiscale chiuso al 28 marzo 2015, con un utile a 881 milioni di dollari (+33,2%) e ricavi a 4, 37 miliardi (dai 3,17 miliardi del 2013). “Abbiamo dovuto affrontare diverse sfide quest’anno – ha dichiarato Idol in una lettera dedicata agli azionisti e ripresa da Wwd – come il minor afflusso di turisti e il rallentamento nel nostro segmento orologi in Nord America. Però, il nostro business internazionale è stato impattato dal rafforzamento del dollaro”.
Intanto, secondo diverse testate americane, Michael Kors si appresta a segnare un altro primato. Dovrà versare 4,8 milioni per porre fine a una class action sollevata da una donna californiana, Tressa Gattinella, che aveva fatto causa al marchio per essere stata tratta in inganno dai cartellini con i prezzi all’interno di un outlet del gruppo. L’accusa è di “aver creato l’illusione di uno sconto su un capo in vendita attraverso l’indicazione di un prezzo che in realtà non era scontato”.
All’origine del problema ci sarebbe il fatto che Michael Kors produce capi appositamente destinati al circuito outlet. Indicando un ipotetico prezzo retail (nel caso specifico 120 dollari) e un successivo sconto (che avrebbe abbassato il prezzo a 79,99 dollari) si trae in inganno il consumatore, in quanto quello specifico capo non essendo destinato al circuito tradizionale non avrebbe mai applicato un prezzo retail.
Lo stilista sembra aver imparato la lezione. D’ora in avanti, infatti, tutti i capi del circuito outlet saranno etichettati diversamente.