La pelliccia sembra rivivere un boom commerciale. E a spingerne la rinascita sembrano essere la moda maschile e i mercati asiatici, anche quelli caldi. Emerge da un approfondimento di Business of Fashion che cita una ricerca realizzata dalla divisione italiana della PricewaterhouseCoopers (PwC) nel 2014 per l’International Fur Trade Federation: analizzando i dati retail, lo studio ha stabilito che le vendite globali sono passate dai 15,6 miliardi del 2011 ai 35,8 del 2013. Il mercato della pelliccia vale ormai oltre 40 miliardi annui e dà lavoro a circa un milione di persone. A trainare il successo del settore, spiega l’analisi di Bof, la crescente richiesta cinese e l’utilizzo della pelliccia anche per i capi maschili proposti da luxury brand come Fendi, Burberry, Versace. Il Fur Information Council of America conferma che il menswear copre il 5% delle vendite totali di pelliccia. Grazie ad alcuni sviluppi tecnologici la pelliccia viene combinata con tessuti meno pesanti dando vita a versioni più leggere dei capi che hanno trovato mercato anche in Paesi dalle temperature calde. A Dubai ci sono circa 400 store che propongono capi in pelliccia.
Seguendo una tendenza generale già in atto nel settore abbigliamento, anche la produzione di pelliccia si sta spostando verso est a causa di regolamentazioni meno rigide e costi più bassi. Nel 2014, Hong Kong ha coperto il 70-80% delle esportazioni mondiali (fonte PwC), la Cina ha prodotto 35 milioni di pelli di visone, la Russia 1,9 milioni e Usa e Canada 7,5.
Nonostante l’impegno a non adottare alcun tipo di pelliccia animale da parte di luxury brand quali Stella McCartney, Tommy Hilfiger, Ralph Lauren e marchi meno esclusivi come American Apparel, Topshop, Zara e H&M, i dati dell’approfondimento non sono buone notizie per gli animalisti.