Con l’assemblea del prossimo 15 aprile, la Camera Nazionale della Moda sarà chiamata a decidere un tassello importante del proprio futuro e, allo stesso tempo, dell’intero sistema industriale della moda italiana. In quell’occasione, infatti, Mario Boselli lascerà dopo tre lustri la carica di Presidente dell’ente di via Morone, per diventare Presidente onorario con deleghe per i rapporti con l’estero e le istituzioni. Il passaggio di consegne si presenta delicato, ed è sorprendente, ad appena un mese dalla scadenza del mandato, che nessuna delle ipotesi sul destino della Camera abbia trovato un fondamento. In più, non dimentichiamo che Boselli aveva comunicato da almeno sei mesi l’intenzione di lasciare la Presidenza con l’assemblea di aprile.
Visto che i giochi sono ancora aperti, è utile riflettere su quale debba essere il profilo del successore. È chiara la necessità che la Camera del (prossimo) futuro debba contare su una figura di alto standing, molto introdotta nel settore e nei suoi meccanismi e, soprattutto, in grado di garantire quel posizionamento internazionale che è oggi la debolezza più evidente delle fashion week milanesi. Se la moda italiana punta a mantenere un ruolo di leadership mondiale, dovrà trovare presto il modo di risolvere il paradosso di un calendario in cui non figurano sfilate o eventi di brand internazionali. Burberry e McQueen hanno lasciato negli ultimi anni le passerelle milanesi, le quali devono confrontarsi anche con la fuga degli italiani. Sfilano sulle passerelle straniere Moschino uomo, a Londra, Diesel Black Gold donna, a New York, e Valentino e Miu Miu a Parigi.
Chi guiderà la Camera della Moda dovrà essere in grado di confrontarsi con la concorrenza sempre più spietata di altre fashion week. Spietata nelle risorse e nella spregiudicatezza delle alleanze (si pensi allo sponsor Amazon per le sfilate di New York), ma anche nei soggetti messi in campo. A guidare la moda americana c’è la stilista Diane von Furstenberg, mentre a Londra hanno chiamato Natalie Massenet, bandiera delle nuove frontiere del lusso in quanto fondatrice del portale Net a Porter. Perché alla guida della Cnmi non chiamare un top manager come Patrizio di Marco, ex CEO di Gucci e Bottega Veneta? E, se non lui, perché non una figura analoga?
Il problema, infatti, è la forza relazionale del soggetto che dovrà reggere il timone. Questa forza servirà nelle relazioni con il turbolento aggregato di individualità che da sempre caratterizza l’associazione, e nelle relazioni internazionali, sempre più importanti e difficili. E servirà anche nei confronti del mondo politico, perché anche la Cnmi rientri nell’elenco degli enti sostenuti dal Governo col piano straordinario per il made in Italy.
David Pambianco