D’accordo, quel che conta è soprattutto il contenuto, ma quanti non hanno mai comprato un vino perché attratti anche dall’etichetta? Packaging e design sono parte fondamentale dell’offerta, le aziende lo sanno bene e ci investono. Ciò vale a maggior ragione per un prodotto destinato, in alcuni casi, a riposare per anni in cantina, a divenire una rarità o un oggetto da collezione. A moltiplicarsi, oltre alle sperimentazioni di studi specializzati nel design per il settore, sono le collaborazioni con artisti di grido, sulla scia di un nobilissimo precedente: il premiere cru Château Mouton Rothschild che, dal 1945, affida ininterrottamente la propria veste grafica a pittori contemporanei. Tutti o quasi i “grandi” del Novecento hanno messo la firma su quella label, da Picasso a Mirò, da Warhol a Chagalle a Dalì, fino ad arrivare, nel nuovo millennio, a Ilya Kabakov e Jeff Koons. Le realtà italiane, pur non disponendo dei mezzi finanziari della famiglia Rothschild, rimediano con fantasia e passione, ottenendo risultati di notevole impatto. Eccone alcuni esempi.
1. Vino della Pace 2012, Cormons
Salvatore Fiume, Giacomo Manzù e Yoko Ono sono alcuni degli artisti ad aver firmato le etichette del più celebre tra i vini prodotti dalla Cantina Produttori Cormons (Gorizia). Si tratta del Vino della Pace, la cui prima annata è datata 1985 e che deriva da un blend di circa 700 varietà di uve provenienti da tutto il mondo, ma coltivate nell’appezzamento che circonda la cantina. Un messaggio di fratellanza, su bottiglie destinate anche ai capi di Stato, che fu lanciato in piena guerra fredda da una terra martoriata dal primo conflitto mondiale e divisa dal secondo. L’annata 2012 vede le firme di Emilio Isgrò, Enrico Castellani e Kengiro Azuma (nella foto) ma sarà l’ultima con l’attuale formula. Dal 2013, infatti, debutta, in occasione del trentennale dalla messa a dimora delle prime barbatelle, un nuovo progetto che punta a essere ancora più efficace, per un vino che intende “unire il mondo in un solo bicchiere”. Appuntamento a settembre, quando la nuova etichetta sarà svelata.
2. Rosso di Montalcino 2013, Castello Romitorio
Nel 1984 l’artista Sandro Chia, tra i fondatori della Transavanguardia italiana, rileva un castello abbandonato nei pressi di Montalcino, ne avvia il restauro e contemporaneamente trasforma i terreni incolti in vigneto. Oggi quelle terre danno un Brunello famoso in tutto il mondo anche per le etichette, disegnate dal suo stesso proprietario. Nella nuova cantina, inaugurata nel 2006, le botti in rovere condividono lo spazio con opere d’arte, quasi fossero fonte d’ispirazione per il riposo del prezioso sangiovese toscano destinato a divenir Brunello. Ma a noi piace molto anche l’etichetta del Rosso, sempre di Montalcino s’intende. “Creo vini – afferma Chia – con la stessa passione con la quale dipingo. Si tratta di una sorta di devozione, di un sacrificio il quale apporta i massimi risultati”.
3. Malvasia delle Lipari Passito 2011, Hauner
La storia precedente si ripete, ambientata però nelle isole Eolie. Carlo Hauner, artista bresciano di origine boema che espose non ancora ventenne alla Biennale di Venezia, durante una vacanza si innamorò di Salina, decidendo dopo qualche anno di prender casa in quel vulcanico contesto per trascorrere le giornate a lavorare sui propri progetti. Tra questi conquistò spazio la viticoltura, con il rilancio della Malvasia delle Lipari già cara a Dumas padre, fatta appassire sulla vite. Hauner acquistò una ventina di ettari allora incolti, a seguito della forte emigrazione dall’isola, e si diede alla nuova attività con testardaggine e i buoni consigli di amici esperti. Fu un successo non solo per lui: oggi la viticoltura a Salina è stata rilanciata e molti altri coltivatori conferiscono i propri raccolti ad Hauner. L’azienda, dopo la scomparsa dell’artista, è stata affidata al figlio Carlo Junior con la collaborazione di Gianfranco Sabbatino. Lo spirito artistico del fondatore rivive nelle etichette, che furono da lui ideate.
4. Moma 2013, Umberto Cesari
Il premio fa gola: in palio non c’è solo una borsa di studio da 3.500 euro, ma anche la possibilità di vedere la propria opera pubblicata e diffusa worldwide… attraverso l’etichetta. L’idea è venuta alla Umberto Cesari, nome di spicco del Sangiovese di Romagna (il suo Tauleto ha fatto incetta di riconoscimenti). L’azienda di Castel San Pietro Terme ha ideato un concorso, Umberto Cesari Art Contest, per promuovere artisti emergenti e nuovi talenti offrendo loro l’opportunità di realizzare un’opera che esprima al meglio l’identità dei vini della linea Moma. Si tratta di un’eredità ‘pesante’, perché quell’etichetta riproduceva in origine Le Bagnanti di Giorgio Morandi, il grande pittore bolognese che fu amico del padre di Cesari. Nel 2011 l’azienda diede continuità a questo binomio artistico creando un concorso per offrire un’opportunità ai futuri talenti di farsi conoscere nel mondo grazie all’export dei suoi vini, per il 50% destinati al continente americano. A imporsi fu Paper Glass di Elena Valentini (nella foto), che per quattro anni è rimasta l’opera impressa sulla bottiglia. Tra pochi giorni si saprà chi sarà il vincitore della seconda edizione.
5. Janine 2012, Ruffino
C’è il genio di Clet Abraham, l’esponente della street art noto per le fantasiose modifiche ai cartelli stradali, dietro il fiasco di Chianti Superiore 2012 lanciato da Ruffino. Lo sviluppo della sua opera, Janine, è stato curato da Officina Grafica, studio creativo fiorentino guidato da Vincenzo Maccarrone e Tommaso Pecchioli, che ha tradotto il volto di donna che emerge dal vetro in un prodotto riproducibile con una tiratura di 6mila pezzi. “La realizzazione di una retro-etichetta con supporto trasparente e la decisione di rinunciare alla capsula a favore di un sigillo in resina sopra il sughero – afferma Vincenzo Maccarrone – sono stati dettati dalla volontà di enfatizzare ulteriormente l’idea d’artista, slanciando il collo della bottiglia, la sua femminilità, senza interruzioni, dando al packaging un’impronta ancor più marcata”. Non dev’essere stato facile. Nel caso della bocca, per esempio, sono state create quattro differenti texture per ricreare le increspature e le imperfezioni naturali delle labbra.
6. Bardolino Classico 2013, Bigagnoli
Al Vinitaly dello scorso anno, la Onice Design di Stefano Torregrossa (Sona, Verona) ha sbancato il concorso “artistico” conquistando con il Bardolino Doc Classico 2013 dell’azienda agricola Bigagnoli non solo il premio per il miglior packaging, ma anche l’ambito premio speciale “Etichetta dell’anno 2014”. La giuria ha premiato una scelta controcorrente: quella di negare, sul fronte della bottiglia, ogni informazione sul prodotto. Non compaiono il nome del produttore, l’indicazione della doc e neanche il nome del vino, indicazioni necessarie ma relegate a margine. “Il produttore – spiega Torregrossa – è un giovane che dopo essersi aggiudicato il titolo di miglior ‘garagista’ italiano, ovvero di vignaiolo underground, ha deciso di aprire una propria cantina e di rompere con la scuola ‘vecchio stile’ del Bardolino, utilizzando tecniche innovative e trasmettendo la stessa voglia di rottura al packaging”. Così è nata l’etichetta ‘fasciante’ e concettuale del Classico, che accende la curiosità di chi lo compra e soprattutto lo spinge a prendere la bottiglia in mano, primo passo verso il successivo acquisto.
7. Le Pergole Torte 2011, Montevertine
L’etichetta di Le Pergole Torte, Sangiovese in purezza, nasce dall’amicizia tra l’industriale Sergio Manetti e l’artista Alberto Manfredi. Manetti era un imprenditore della siderurgia e acquistò nel 1967 la tenuta di Radda in Chianti come casa per le vacanze, dedicandosi alla viticoltura con l’idea di produrre poco nettare di Bacco per amici e clienti, salvo poi appassionarsi e decidere di dedicarsi esclusivamente al vino. Manfredi, da cui Manetti aveva acquistato diverse opere, fu pittore, illustratore, docente di tecnica dell’incisione e autore di stampe anche per riviste quali L’Espresso. La prima etichetta risale al 1982 e da allora, ogni anno, Manfredi disegnò nuovi volti di donne, ritratte a mezzo busto, espressamente per Le Pergole Torte. Dopo la scomparsa dell’artista, avvenuta nel 2001, gli eredi di Manetti in accordo con la famiglia del pittore selezionano un’opera d’archivio: l’etichetta si rinnoverà ancora a lungo.
8. Chianti Classico Riserva 2007, Montemaggio
Parla toscano, con un forte accento russo, il vino prodotto dalla Fattoria di Montemaggio. L’azienda si trova a Radda in Chianti ed è guidata da una giovane e affascinante imprenditrice di Vladivostok, Valeria Zavadnikova, che l’ha rilevata nel 2008 affidandone la direzione a un’altra donna, Ilaria Anichini, con l’obiettivo di ‘fare poco’ per mantenere alto il livello qualitativo. Dai nove ettari di vigneto si ricavano 30mila bottiglie certificate ‘bio’, per il 75% Chianti Classico e Riserva, destinate quasi totalmente all’export. Quando si è trattato di scegliere l’etichetta, la scelta è andata a un’immagine femminile e all’opera di un quotato pittore moscovita. Si tratta di Andrey Remnev, che ha realizzato un quadro che rappresenta una giovane donna etrusca con un cesto d’uva, da cui Marina Zimoglyad, la moglie designer, ha preso ispirazione per la realizzazione grafica del logo e dell’etichetta.
9. Casanuova di Nittardi 2012
L’arte è una presenza antica nella Tenuta di Nittardi, situata nel cuore del Chianti, che nel XVI° secolo fu proprietà di Michelangelo Buonarroti. I primi documenti sulla viticoltura effettuata dai monaci risalgono al 1183: allora si chiamava ‘villa Nectar Dei’, da cui deriva l’attuale nome. Era destino che un luogo così legato all’espressione artistica dovesse divenire proprietà di un esperto del settore. Così, nel 1981, l’azienda fu acquistata da un gallerista tedesco, Peter Femfert, che fin dalla prima annata decise di avviare per il Chianti Classico Docg una collaborazione con artisti invitati in azienda a scoprirne i segreti, respirarne l’atmosfera e naturalmente provarne i vini. Il risultato è una “doppia opera”, per l’etichetta e per la carta seta con cui viene avvolta la bottiglia, che ha visto nel tempo la firma di esponenti di spicco del panorama artistico e culturale quali Horst Janssen, Giuliano Ghelli, Mimmo Paladino, Günther Grass e Dario Fo. Il 2012 è stato affidato all’ormai ultracentenario Karl Otto Götz.
10. Jasmin, Canus
Dario Rossetto è un laureato in Industrial Design che a 28 anni ha deciso di diventare vignaiolo. Il titolo di studio è stato comunque utile per la realizzazione delle etichette che cura personalmente ispirandosi alla figura del Canus, il senex dai grigi capelli e dalla profonda saggezza, come sentimento di appartenenza a una terra, i Colli Orientali del Friuli, dove la vite regna sovrana e dove la tradizione è custodita attraverso le competenze dei veci. La prima annata risale al 2004 e la vocazione dei vini tipici della zona, nelle due linee Canus e Ronco del Gris, è quella della responsabilità verso l’ambiente: via i diserbanti, gli insetticidi e tutti i fitofarmaci di tipo sistemico per sposare l’agricoltura organica. Tra le etichette spicca quella di Jasmin, da uve Friulano e Sauvignon, sicuramente la più colorata e artistica.