Per il lusso, il 2015 sarà un anno diverso, molto diverso. Il 2014 ha fatto capire che 5 anni di sbornia da crescita a doppia cifra sono ormai alle spalle. Adesso si apre il periodo del mercato a somma zero, o quasi. Il che significa che, per qualche brand che cresce, anche a doppia cifra, ce ne sarà probabilmente uno che calerà, anche in modo rilevante. Non significa che le prospettive del lusso non siano rosee, soprattutto nel medio periodo. Ma la complessità dello scenario renderà sempre più importante centrare la strategia e il posizionamento. E sempre più rischioso mancarli. Ci saranno partite delicate da giocare sul piano sociale e geografico. Il consumatore è oramai consapevole, sa scegliere e farsi un’idea dei brand sul mercato. Non sembrano più sufficienti le spinte all’acquisto dettate dalla bramosia di accaparrarsi uno status symbol. Questo vale anche, anzi, soprattutto, per i consumatori asiatici che hanno sostenuto la crescita a doppia cifra delle griffe negli ultimi anni. Vale, in particolare, per i clienti cinesi, la cui voglia luxury è stata ridimensionata dalla politica più morigerata di shopping introdotta da Pechino. Dall’altro lato, c’è l’accelerazione del mercato Usa, con il benefit della rivalutazione del dollaro che dovrebbe portare a buoni margini anche quest’anno. Ma la ripresa oltre Atlantico non sarà sufficiente a garantire una crescita comune a tutti. Anche qui, bisognerà fare i conti con i nuovi modelli culturali che sembrano non trovare freno negli Stati Uniti. E la sfida, da questo punto di vista, si sposta sul boom dei brand del cosiddetto lusso accessibile con bandiera, appunto, principalmente americana. Il punto sarà confrontarsi con fenomeni quali Michael Kors o Tory Burch che, con un prodotto made in Asia, ma ben confezionato dal punto di vista estetico e del marketing, stanno crescendo e sottraendo quote soprattutto ai brand forti nel prêt-à-porter. La differenza, rispetto al passato, è che viviamo in un mondo accelerato in cui è sempre più difficile individuare quale strategia possa oggi garantire una certa continuità di sviluppo nel tempo. O meglio, che possa durare nel tempo. Tutto cambia: cambiano rapidamente i gusti, e l’evoluzione del mood cinese ne è un emblema quasi drammatico; cambiano le congiunture, si pensi alle tempeste valutarie che hanno rivoltato le carte in tavole più volte nel 2014 su mercati come Russia, Giappone e Svizzera; cambiano le abitudini di acquisto con l’aumento inarrestabile degli acquisti online. In questo mondo accelerato dalla ‘diretta continua’ dei social network, si vedrà insomma chi è veramente bravo, chi ha seminato per il lungo periodo senza inseguire ‘facili crescite’. E la strategia dei vari brand farà la differenza. Insomma ne vedremo delle belle.
David Pambianco