Quand’è il momento di scattare la foto ufficiale, i bambini delle elementari alzano tutti assieme, contemporaneamente, i matterelli con cui hanno impastato i dolci di carnevale. Al centro c’è lo chef, anzi masterchef Bruno Barbieri, ovvero colui che da quattro edizioni alimenta o stronca i sogni di gloria culinaria dei concorrenti che partecipano al più fortunato e popolare talent show della tv italiana. Che ci fa Barbieri in una scuola elementare di Bologna, la primaria san Vincenzo de’ Paoli? Offre lezioni di cucina ai piccoli della sua città, per un’iniziativa voluta dalla locale Confcommercio e dal gruppo panificatori. “Non dimentico di essere bolognese, appena posso torno a casa”, sottolinea durante l’incontro. Classe 1962, nativo di Medicina (alle porte del capoluogo emiliano) e cresciuto tra i colli di Sasso Marconi, oggi Barbieri compone con Carlo Cracco e Joe Bastianich la temibile “troika” dei giurati di MasterChef Italia, ma in passato ha girato il mondo con la sua cucina, affinandola a bordo di navi da crociera, dentro osterie della riviera romagnola e infine in ristoranti di alta cucina. Ha conquistato in carriera ben sette stelle Michelin tra Romagna (Locanda Solarola, Trigabolo, Grotta di Brisighella) e Veneto (Arquade), prima di abbandonare tutto e trasferirsi in Brasile e poi a Londra, dove per un breve periodo ha avuto un altro ristorante. L’avvio nel 2011 della serie tv di Sky-Cielo e il successo ottenuto gli hanno cambiato la vita, da allora non fa più lo chef attivo. Pare, però, che nei prossimi anni lo rivedremo in cucina. “Ma non a Milano”.
Perché no?
No no… a Milano c’è già Cracco, la fa da padrone lui. Io me ne sto a Bologna. Questa è una città bellissima, unica al mondo con i suoi oltre 40 chilometri di portici. E poi, diciamolo, noi bolognesi non siamo mica dei mappazzoni, abbiamo una marcia in più!
Un anno fa, di questi tempi, si parlava di una sua trattoria a Bologna, poi a Reggio Emilia, poi nulla. Che è successo?
Ah, i giornali… Lasciamoli scrivere. Io faccio due programmi l’anno, sono sette mesi di lavoro ininterrotto. Poi la gente si siede sul divano il giovedì sera e vede alla tv un programma di due ore, ma quelle due ore sono il frutto di mesi di lavoro ininterrotto e quotidiano. Il tempo che mi resta è poco. Presto però tornerò a lavorare a Bologna, ne sono convinto. È la mia città e trovo che ultimamente sia molto cresciuta.
E MasterChef? Quante edizioni farà ancora?
Spero molte, ma non dipende da me. Al di là della mia presenza, mi pare che il programma sia sulla strada giusta.
Per quale ragione?
Perché in televisione è importante raccontare una storia vera e MasterChef lo fa, racconta il sogno di tanti ragazzi che alla fine riusciranno ad affermarsi professionalmente. Il programma ha avuto successo, entrando nelle case degli italiani, perché non è un reality, bensì un un talent show: offre la possibilità di realizzare un sogno, di esprimere il talento.
Il talento per la cucina è innato o lo si impara?
Come per tutti i mestieri, il talento o ce l’hai o non ce l’hai. D’accordo, chiunque può cucinare un piatto di pasta in maniera corretta, ma il nostro lavoro è ben più complesso e impegnativo. Noi non facciamo solo i cuochi, portiamo un pezzo della storia italiana nel mondo. Per farlo, devi avere la cucina nel sangue.
Oggi, anche grazie a MasterChef, l’appeal tra i giovani è forte.
Questo è un mestiere creativo, meraviglioso, ma lo devi sentire dentro. Certo, le iscrizioni alle scuole alberghiere sono aumentate del 40%, poi però arriverà la selezione naturale durante gli studi, quando i ragazzi capiranno che essere chef comporta tanti sacrifici. Quando gli altri vanno a divertirsi loro devono lavorare, quando gli amici vanno al mare loro devono stare in cucina. E poi devono essere preparati, anche culturalmente, partendo dalla scelta delle materie prime. Fin da piccoli.
Lei com’è stato educato?
La nonna è stata il mio punto di riferimento. Ogni giorno, a tavola, mi interrogava sulla stagionalità delle verdure, sulle caratteristiche della frutta, e se non sapevo rispondere erano guai, naturalmente guai simpatici. Ma è così che dovremmo comportarci con i bambini. E anche con gli aspiranti chef.
Altrimenti?
Alla base del lavoro di cuoco c’è la storia gastronomica del nostro Paese, di cui noi siamo ambasciatori nel mondo. Oggi molti giovani chef sono disposti a bypassare tutto questo, perché il loro obiettivo reale è conquistare la copertina di una rivista. Io però credo che senza conoscere la storia dei prodotti italiani e del loro Paese, non saranno mai dei grandi chef.
È per questo che oggi è qui a insegnare ai bambini delle primarie?
Mi pare una bellissima iniziativa. Vediamo i bambini che impastano, imparano, aprono la loro mente a nuove culture alimentari. Molti di loro tenderebbero a mangiare sempre e solo hamburger e patatine. Gli hamburger peraltro sono molto buoni, ma i bimbi andrebbero educati a mangiare tutto!
Ha fatto anche Junior MasterChef. Si è divertito?
Molto, mi ha ricordato quand’ero piccolo io. A dieci anni cucinavo per mia sorella ed era il mio vero divertimento. Certo, all’epoca le cose erano diverse e non sarebbe stata immaginabile una giornata come questa a scuola, tutti impegnati a impastare e a mangiare le sfrappole (le chiacchiere milanesi, ndr). Penso però che la cucina debba entrare sempre più nelle scuole elementari per educare gli alunni, far capire loro che il cibo non è soltanto un modo per riempirsi la pancia bensì qualcosa attraverso cui comprendere chi siamo e dove viviamo.
Questa conoscenza è stata persa?
Tutt’altro! E MasterChef ha avuto una sua importanza nel diffondere la cultura del cibo. Oggi la gente è più preparata di ieri, conosce le stagionalità dei prodotti, sa che il basilico è verde ma può anche essere rosso. Lo sanno anche i bambini ormai. Sono certo che tra questi ragazzini di oggi forse c’è già qualche chef.
A maggio inizia Expo 2015. Che farà Barbieri durante l’esposizione?
In quel periodo sarò impegnato a registrare le puntate di MasterChef 5, temo che non avrò tempo di fare altro. Expo sarà comunque, per Milano e per l’Italia, l’opportunità di raccontare a tutti chi siamo. Tanti piccoli produttori, altrimenti impossibilitati, avranno la chance di presentarsi al mondo. Rilanciamo il nostro Paese! Expo è un’occasione importante e dobbiamo saperla cogliere.
Lei ha vissuto anche in America Latina, ha lavorato in Inghilterra… che si dice nel mondo degli chef italiani?
Ne parlano tutti benissimo. Credo però che la cucina italiana abbia delle potenzialità incredibili di crescita e che stia pagando la contaminazione con alcuni aspetti sbagliati del nostro Paese. Dobbiamo imparare a fare marketing, a raccontarci nella maniera giusta di fronte a un mondo che vuole conoscere la nostra storia.
Cosa farà Barbieri dopo MasterChef?
Il tempo passa, prima o poi dovrò pure andare in pensione. Fino ad allora però, e forse molto presto, tornerò a cucinare. Vorrei inoltre girare il mondo, per cercare talenti e aiutare i giovani a emergere.