Nell’estate del 1967 gli italiani del boom economico consumavano i juke box delle stazioni balneari intonando una canzone di Nino Ferrer che esaltava la pelle nera a massimo simbolo di bellezza. Il tormentone è ancora oggi saldamente presente in ogni compilation vacanziera che si rispetti, ma la passione da tempo non sembra più così univoca. E, nel settore della moda, il colore troppo scuro della pelle ha finito per generare dubbi, a loro volta fonte di critiche. La polemica relativa alla carente presenza di modelle di colore nel sistema sembra avvalorata dai numeri, e si ripete durante le stagioni. Al punto che, nel settembre 2013, ha generato scalpore che Philipp Plein abbia avuto il coraggio di opzionare solo modelle nere per la sua collezione primavera/estate. Primo e unico caso nella storia delle fashion week milanesi che di solito ospitano modelle di colore scelte con il contagocce e solo recentemente affiancate da ragazze asiatiche. A Parigi la situazione è forse anche peggiore: Raf Simons è stato fortemente criticato per non aver scelto ragazze black durante le prime sei sfilate da direttore creativo di Christian Dior. Nella sua autobiografia (La ragazza del villaggio Dinka, Rizzoli) la modella sudsudanese Alek Wek ammette che lavorare nella capitale della moda italiana l’ha sempre fatta sentire, paradossalmente, una mosca bianca o, per i nostalgici di Carosello, simile al bistrattato pulcino Calimero.
Dal punto di vista editoriale, la situazione è tristemente simile. Ha generato sensazione la notizia che l’edizione inglese di Vogue ha scelto la modella Jourdan Dunn per la copertina del numero di febbraio. La ragazza è alla ribalta da molte stagioni, ma non aveva finora avuto l’occasione di presenziare sulla prima pagina del magazine. È significativo che, con lei, la rivista mette fine a una ‘dimenticanza’ che durava da dodici anni: l’ultima modella nera immortalata da sola sulla cover era stata la top Naomi Campbell nel lontano 2002.
Proprio la mitica modella dal lungo curriculum professionale (e sentimentale) ha più volte denunciato la discriminazione che ancora vede protagoniste le ragazze nere. In effetti, Naomi è tra le poche a essere riuscita a imporsi vantando una carriera tuttora in attivo avendo recentemente sfilato per Jean Paul Gaultier Couture e La Perla durante la Haute Couture parigina accanto a colleghe bianche con la metà dei suoi anni (e del suo carisma).
Anche le campagne stampa prediligono quasi esclusivamente visi pallidi, tra le poche eccezioni recenti spiccano proprio Jourdan Dunn e la Venere Nera come nuove testimonial della campagna primavera/estate 2015 di Burberry scattata da Mario Testino. La Dunn deve essersi abituata a essere un outsider da quando, nel 2008, sfilò per Prada spezzando l’incantesimo che da circa un decennio teneva lontane le modelle nere dal marchio italiano e confessando coraggiosamente al Guardian che “molte persone del settore dicono che se un giornale mette un volto scuro in copertina il numero non venderà”. È indicativo notare che tra le prime 20 modelle più pagate del 2014 ci siano solo due modelle nere: Jourda al 13° posto e Joan Smalls al 17°.
Tra le poche testate nostrane a porre attenzione alle modelle di colore spicca Vogue Italia, il cui Black Issue pubblicato nel luglio 2008 è diventato quasi un must have. Il sito web della rivista diretta da Franca Sozzani vanta inoltre la sezione VBlack ricca di aggiornamenti su modelle e celebrity del calibro di Michelle Obama, Rihanna e Halle Berry. Fatta eccezione per esigue oasi felici, i redazionali fotografici, i casting per le sfilate e le campagne advertising sono ancora ampiamente ad appannaggio di bellezze caucasiche. Di chi è la colpa? Fashion designer, stylist, casting director e tutti gli addetti ai lavori condividono la responsabilità di un approccio culturale che si ripete da anni senza riuscire a smuovere il cliché.
Se nell’ambiente musicale le interpreti di colore sono tradizionalmente apprezzate e valorizzate (Aretha Franklin, Whitney Houston, Alicia Keys) l’industria cinematografica è sempre stata un passo indietro, almeno fino a qualche anno fa. A Hollywood sembrano ancora scarseggiare i ruoli interessanti per le attrici nere ma qualche novità l’ha portata il premio Oscar, vinto lo scorso anno per il film 12 years a slave, dalla keniota Lupita Nyong’o che si è definitivamente imposta come simbolo di bellezza contemporanea riuscendo a collezionare importanti contratti come testimonial per Lancôme e Miu Miu. In televisione, la sceneggiatrice Shonda Rhimes è riuscita nell’ardua impresa di affidare alle attrici black Kerry Washington e Viola Davis i ruoli di protagoniste nelle serie cult Scandal e How to get away with murder. Entrambe stanno collezionando premi e copertine finora riservate soprattutto ad attrici bianche.
Nel frattempo c’è chi percorre la strada delle mezze misure: Diesel e Desigual hanno recentemente scelto la ventenne canadese Winnie Harlow come modella per le loro campagne stampa primavera/estate 2015. Che la ragazza affetta da vitiligine (malattia che comporta la presenza di macchie non pigmentate sulla pelle, la stessa da cui sarebbe stato affetto Michael Jackson) sia la risposta a chi chiede parità cromatica nel testardo mondo della moda? Il Re del Pop, autore della hit Black or white, avrebbe apprezzato.