Mark Zuckerberg, Riccardo Tisci e Matteo Salvini. Tre personaggi in cerca di … una felpa. Sono l’esempio di soggetti diversissimi tra loro, per i quali il punto di unione spunta dal guardaroba, attraverso la reinterpretazione dell’indumento sportivo per eccellenza, passe-partout del relax. La felpa, così, ritrova una dignità in qualche modo persa nei decenni, quando dominava incontrastata tra i capi da indossare a casa e non solo in palestra. L’esempio dei tre diversissimi personaggi dimostra come, oltre a tornare un must nel guardaroba, sia stata sdoganata anche nelle grandi occasioni facendola entrare – o meglio rendendola protagonista – nei tre templi del conformismo formale: la Borsa, la passerella e i telegiornali.
Difficile dire esattamente chi abbia dato il via al rilancio dell’iconografia della felpa. Di certo, il viso e l’immagine che tutto il mondo associa a questo indumento sono quelli di Zuckerberg in occasione del roadshow per l’Ipo della sua Facebook nel Tempio della finanza. Una mise che è stata considerata indice di scarsa serietà, in particolare da Micheal Patcher, che di mestiere fa l’analista e che ha dichiarato a Bloomberg Tv che, così facendo, Zuckemberg ha dato “segno di scarsa serietà e soprattutto manifestato immaturità”. Una sonora bocciatura da parte del mondo della finanza quindi. Peccato però che il fascino della felpa abbia fatto proseliti tra le big della Silicon Valley. In una foto ufficiale distribuita da Microsoft, il suo amministratore delegato Satya Nadella indossava una felpa con cappuccio sul bluette sfoggiando una mise più adatta a una corsa in Central Park che al quartier generale di Redmond.
Nel frattempo anche la moda ha deciso che era il momento giusto per ridare lustro a quest’indumento fin troppo bistrattato. Il primo a innamorarsene, tanto da farlo diventare un fenomeno di vendita (nonostante i prezzi non esattamente abbordabili per tutte le fasce di mercato) è stato Tisci che, per Givenchy, ha fatto sfilare con la collezione autunno-inverno 2011/2012 una felpa dominata da una pantera nera.
E così, da semplici indumenti da jogging, le felpe si sono evolute diventando dei veri e propri prodotti di lusso. Il taglio resta quello classico, ma è il materiale o, ancora di più, sono le applicazioni a fare la differenza, dagli inserimenti in pelle di Balmain alle toppe in suede di Maison Martin Margiela e alle particolari stampe effetto fantascienza della Sci-Fi di Balenciaga. Il motivo di un ritorno di fiamma da parte degli stilisti? Creatività a parte, secondo alcuni addetti del settore la ragione sarebbe molto pratica. Di impatto, ma meno pretenziosa rispetto ad altri capi, la felpa è una sorta di chiave di accesso per entrare nel mondo della griffe, un entry level di lusso che consente al cliente aspirazionale di potersi avvicinare al marchio. Strategie del marketing.
Ma dalle passerelle alla comunicazione il passo è breve. E qui si apre il terzo capitolo o meglio la terza vita della felpa. Che, dopo Wall Street e la Silicon Valley, insieme alle passerella, è entrata nei salotti televisivi della politica. Dove ha acquistato una duplice valenza, non solo come indumento bipartisan (emblema contemporaneamente del centro destra e della sinistra sindacale), ma direttamente come megafono comunicativo. Dopo la T-shirt, ecco che il testimone passa alla felpa con le sue maxi scritte non più sulla schiena (come un tempo) ma direttamente sul petto (per esigenze di telecamera, naturalmente). Zip apribile sul davanti, a sinistra si differenzia per la monocromia (rossa) scelta dal numero uno del sindacato dei metalmeccanici Fiom Maurizio Landini. A destra, invece, i colori si moltiplicano come le scritte. Che cambiano a seconda dell’occasione. Guru della tendenza è Matteo Salvini che ne sfoggia una diversa per ogni evento, da quella dedicata a Milano (la sua storica “divisa”) alla più generica Lombardia. E poi ancora, dal Veneto all’Emilia, dalla Romagna al Piemonte, non c’è regione (del nord) che sia stata esclusa dal guardaroba del leader leghista. Forse ci vorrà ancora del tempo prima che la felpa possa essere sdoganata anche nei palazzi romani del potere (questione di etichetta), ma di sicuro sono tempi duri per il maglione alla Sergio Marchionne.