“Che si accompagni alla burrata, all’aceto balsamico o alla bresaola, l’Italia potrebbe essere l’unico posto in grado di ‘rendere giustizia’ al nostro amato tesoro culinario americano”. A sostenerlo, nella prefazione di un libro dedicato (Hamburger all’italiana, pubblicato lo scorso anno da Edt), è il “cattivissimo” Joe Bastianich. Dal condizionale si passa all’indicativo: l’hamburger made in Italy conquista consensi, si moltiplica nelle carte dei ristoranti, costituisce la base per il lancio di nuovi format nel mondo del food.
L’idea del ‘rendere giustizia’ consiste nell’unire la grande intuizione statunitense, il panino ripieno di carne, con le nostre materie prime Dop, Igp o con presidi Slow Food: ricetta loro, qualità nostra. Qualcosa di simile è già successo nella birra, dove proprio la valorizzazione della tipicità rappresenta la formula che sta alla base della nascita dei tanti microbirrifici che prosperano lungo lo Stivale: del resto, che c’è di meglio di una birra fresca, intensa e speziata per accompagnare un hamburger preparato con carne di razza autoctona, pane a lievitazione naturale e patatine fritte dell’orto? Proprio birra e hamburger sono tra i prodotti più internazionali e consumati al mondo.
La risposta italiana arriva dunque dalla negazione della standardizzazione: entriamo nel mercato con prodotti di qualità, tipici e al riparo dalla competizione basata esclusivamente sul prezzo. Ci sono praterie da conquistare. La sfida sta nel sedurre non soltanto il cliente gourmet, disposto a pagare cifre consistenti pur di gustare l’interpretazione dell’hamburger da parte dello chef-star; ma anche quello attento alla forma fisica e orientato al bio, pronto a sdoganare un antico simbolo del junk food oggi diventato icona di qualità. Eccone dieci esempi.
Damburger by Damini e Affini, Arzignano (Vi)
Nella macelleria di Giorgio e Gian Pietro Damini brilla la stella Michelin, conquistata poche settimane fa. Siamo ad Arzignano, nel cuore del Veneto industriale, la capitale della conceria europea. I fratelli Damini, figli di macellai, hanno avviato nel 2007 un negozio che è diventato punto di riferimento per gli amanti della carne di tutta Italia, con annesso ristorante e vendita di prodotti gourmet: Gian Pietro sta al bancone, Giorgio in cucina. La punta di diamante si chiama Damburger: 150 grammi di carne di razza Limousine (rigorosamente parte anteriore), frollata per 3-4 giorni, impastata a mano e lasciata riposare per un giorno prima di prendere la forma. Tra le ricette di stagione spicca il Damburger panato con schüttelbrot (pane croccante altoatesino), senape, insalata di cappuccio e semi di cumino. Prezzo: 16 euro
Frankie Burger by Love Eat, Castellanza (Va)
“Italian luxury burger” è la formula scelta da Marco Molinari per caratterizzare la sua prima creatura, Love Eat (Castellanza, Varese), la cui filosofia è fondata sull’eccellenza delle materie prime. Carne di razza fassona piemontese dalla storica Macelleria Oberto di Alba, pane fresco made in Legnano (panificio Massimo Grazioli), salumi del prosciuttificio Marco D’Oggiono (li vende anche Peck a Milano), carta dei vini e delle birre artigianali fanno di questo locale una scelta perfetta per chi cerca la nobilitazione del panino più diffuso al mondo, con punte quali il “Luxury”, ripieno di foglia d’ostrica e caviale Baikal. Gli appassionati del pesce possono puntare sul Frankie Burger (nella foto), con pane bio ai semi di sesamo, trancio di pesce spada, melanzana impanata, bufala campana, basilico e battuto di pomodori secchi. Prezzo: 14 euro
Duka Royale by Piazzetta San Marco 13, Pordenone
La fama di questo locale di design, nel centro storico di Pordenone, deriva da “I’m Rich”, l’hamburger più lussuoso d’Italia: 85 euro per degustare 180 grammi di manzo di Wagyu (meglio noto come manzo di Kobe), oro puro 24 carati, uova con tartufo bianco, caviale e altri ingredienti da gioielleria. Decisamente più contenuta la spesa necessaria per assicurarsi il Duka Royale (nella foto) a base d’anatra, scaloppina di foie gras e formaggio Montasio. Piazzetta San Marco 13 nasce da un’idea di Marco Carraro, chef stellato Michelin (ristorante il Cecchini, nella vicina Pasiano), per dare alla propria clientela un’esperienza di gusto “urbano”. L’offerta si fonda sulla carne, come testimonia lo spiedo cotto “lentamente” con sistema tradizionale Molteni, ma l’esperienza trova un degno epilogo con la pasticceria salutista “Dolcinvetro”.
Holy Burger by Ham Holy Burger, Milano
Franco Manna, presidente di Sebeto (il gruppo che controlla anche Rosso Pomodoro) racconta che l’idea di aprire una catena di hamburger gli venne nel 2011 a Istanbul, dopo averne assaggiato uno buonissimo servito in un locale a metà strada tra una macelleria e una trattoria. Quel panino, “buono come un Santo” (Holy) lo avrebbe poi replicato in Italia scegliendo la carne di fassona presidio Slow Food dell’azienda piemontese La Granda, il pane “Bun” del piccolo forno milanese di Antonio Valendino, le ricette degli chef Antonio Sorrentino e Enzo De Angelis. Oggi le insegne Ham Holy Burger sono presenti a Milano (tre), Roma (due) e una a Londra. Tra le cinque scelte di hamburger segnaliamo il classico Holy Burger con 180 grammi di scottona, pomodoro cuore di bue di Sorrento, cetriolo fresco, cipolla rossa e l’originale salsa Holy. Prezzo a Milano: 9 euro.
Mac Dario by Dario Cecchini, Panzano in Chianti (Fi)
Dario Cecchini, il macellaio/poeta del Chianti che serve la “ciccia” tra citazioni dantesche, accrebbe la propria fama celebrando ai tempi di “Mucca pazza” il funerale della bistecca. Rientrata l’emergenza, ha fatto discutere la sua scelta di dare spazio a carni spagnole a fianco della rinomata e autoctona razza Chianina, ma se l’ha fatto un motivo ci sarà… Il livello della selezione è altissimo, garantisce Cecchini con i suoi 38 anni di esperienza, che dal bancone si è trasmessa in cucina con formule originali di degustazione quali “Solociccia” (una “verticale” di manzo), “Dario Doc”, “Officina della Bistecca” e perfino un menu vegetariano. Il Mac Dario, mezza libbra di carne in crosta di pane e accompagnato da patate con salvia e aglio, verdure e cipolle, a pranzo è decisamente conveniente: 10 euro a persona.
Hawaii by Spritz & Burger, Desenzano del Garda (Bs)
Pochi mesi fa, il popolo di Tripadvisor ha sentenziato: la miglior hamburgeria d’Italia si trova a Desenzano del Garda, con il punteggio di quattro stelle e mezza per 160 recensioni. Oggi sono 209, ma la media resta immutata. L’ha creata un tedesco, Norbert Scholz-Waldenmaier, dandogli il nome di due prodotti di cui i connazionali, che affollano le sponde del Benaco, sono ghiotti: Spritz & Burger. La carne viene fornita da una macelleria del paese, la preparazione dell’hamburger è manuale, gli ingredienti selezionati a km zero, le salse fatte in casa. Il cliente ha la possibilità di comporre il panino secondo gusti e quantità desiderate. L’Hawaii Burger (nella foto), realizzato con ananas e formaggio, costa 4,5 euro nella versione normale e 7,5 in quella da 200 grammi.
Berton-Burger by Pisacco, Milano
Ai tempi di Trussardi, l’hamburger “monumentale” di Andrea Berton, in carta a 22 euro, aveva lanciato un nuovo trend nell’alta cucina milanese. Ora lo chef formatosi da Marchesi ha il suo ristorante in Porta Nuova Varesine, già “stellato” a neanche un anno dall’apertura, e mantiene la supervisione della cucina di Pisacco, bistrot contemporaneo in Brera di cui è socio, dove Fabio Gambirasi in cucina continua a proporre quell’hamburger-simbolo che si inserisce perfettamente in una cucina centrata su ingredienti eccellenti e preparazioni mai esasperate. Il prezzo è anche più accessibile: 16 euro. Un’alternativa? Il Toast Berton con pane a lievitazione naturale, un grande prosciutto cotto e formaggio Asiago.
Flamburger by Flambar, Castelfranco Emilia (Mo)
Si inizia con un gnocco fritto eccellente, tanto da meritarsi l’ingresso nella top ten della Confraternita modenese, e si prosegue con uno degli hamburger inseriti nell’apposita carta. Flambar a Castelfranco Emilia è un posto per appassionati di street food preparato come Dio comanda. La svizzera è di fassona piemontese, il pane tostato internamente viene prodotto dalla pasticceria Dondi di Modena, maionese e ketchup sono fatti in casa (il fornitore delle uova è Paolo Parisi), il Parmigiano Reggiano arriva da Zocca (Caseificio La Rosola) con il latte di razza Bianca modenese. Nel Flamburger classico (prezzo: 12 euro) troviamo anche insalatina di campo, pomodori datterini confit e patate di Montese fritte nello strutto come si usava un tempo. La carta degli hambuger comprende inoltre ricette Fish, Vegan e il Foisburger con fegato d’anatra caramellato in padella.
Giotto by Hamburgheria di Eataly, Milano
Poteva mancare Eataly in questa nostra selezione? Certamente no, visto che il vulcanico Oscar Farinetti ha aperto fin dal 2011 la sua Hamburgheria con l’obiettivo di “rendere giustizia all’hamburger esperience”. Oggi i punti vendita di questo fast food, che “coniuga il panino più buono del mondo con la filosofia di Eataly”, sono sei. A Milano si trova all’interno del building di Brian e Barry in San Babila, dove l’hamburger base, Giotto, è in vendita a 7,8 euro: carne presidio Slow Food (La Granda), salse biologiche Cereal Terra, verdure fresche e pane fatto in casa con farina bio del Mulino Marino sono alcuni tra i segreti del suo sapore. In menu compaiono sei tipi di hamburger e quattro di hot dog, ma anche tre kebab, denominati Kebabun. Le birre sono artigianali (Baladin e Birra del Borgo).
Grandius by M**bun, Torino
Gli asterischi nel brand indicano un’ispirazione (nemmeno troppo velata) tratta dal leader di mercato, che peraltro gli valse una diffida assai pubblicizzata nel 2009… ma la filosofia di questa mini-catena torinese con tre punti vendita, riassunta nel claim “Slowfastfood”, va in direzione ostinata e contraria: un altro modo è possibile, a partire dal gusto, dai materiali biodegradabili e dalle modalità di allevamento, con le carni di razza Piemontese fornite dall’azienda agricola Scaglia di Rivoli. In menu compaiono anche carne cruda, robiola al forno, acciughe verdi e zuppe con verdure dell’orto. Tutti gli ingredienti provengono dalla provincia di Torino tranne l’olio di girasole, che comunque non viene da troppo lontano (Langhe). Il Grandius è il panino di punta: 170 grammi di carne di un taglio unico (coscia), insalata e pomodoro a 9,5 euro.