Cinetosi, chinetosi o, come la chiamano gli anglosassoni, motion sickness, è la ‘malattia da movimento’. Per i sintomi avvertiti (nausea, vomito, vertigini) si classifica tra le patologie ‘banali’. Sarà anche banale, ma è uno dei più temuti guasta-vacanze. Tanto che, prima di una partenza, gli ‘ammalati’ non dimenticano mai di percorrere la strada verso la più vicina farmacia per far incetta di pastiglie, pilloline e cerottini. Ebbene, da oggi, per loro potrebbe esserci una strada diversa.
Per porre fine al cerimoniale “alla prima farmacia, fermati oppure non parto!”, infatti, c’è una nuova terapia: si chiama ‘Wear Is My Boat‘. Non è il claim sul packaging di un farmaco, né la comunicazione di una travel agency o di un’azienda nautica. È una collezione d’abbigliamento sportswear. È una collezione d’abbigliamento anti-cinetosi.
Arriva dal cuore della Francia settentrionale e nasce dall’idea di Philippe Danckaert e Olivier Trentesaux. Le due menti non hanno frequentato la Harvard Medical School di Boston. Probabilmente non hanno tentato i test di ingresso. E neanche hanno una laurea in medicina o in biotecnologia. Non lavorano in erboristeria e non propongono rimedi naturali. Danckaert e Trentesaux sono due marinai. Ebbene, sì, due amanti del mare nati e vissuti sotto l’egida del dio Nettuno.
La collezione di abbigliamento Wear is my boat prende vita da un nuovo polimero e migliora la resistenza al malessere da trasporto. La macromolecola in questione è stata sviluppata dai laboratori Innotex del Ceti (Centro europeo dell’innovazione tessile) della fiamminga Lille, dopo ben due anni di ricerca.
Per produrre i capi anti-cinetosi, i due marinai lo scorso aprile hanno lanciato la società Delta 10, una startup con sede al 200 di rue de Roubaix a Tourcoing che ingloba il marchio Wear is the Boat. Canotte, polo, leggings e giubbotti, formano una collezione completa di capi tecnici e basici pensati in versione maschile, femminile e per l’enfant. Poco spazio invece ai colori. Nel parterre solo bianco, nero e grigio. Ma in compenso questi ‘esemplari’ hanno in serbo un grande potere: le particelle minerali.
Contenute nel tessuto dei capi, queste ‘eroine’ agiscono direttamente sui ricettori del cervello consentendogli di riconoscere la posizione che il corpo sta occupando nello spazio, e, nello stesso tempo, identificano lo stato di contrazione di muscoli e tendini durante gli spostamenti. Pronte a intervenire a ogni movimento del mezzo, piccole, impercettibili ma forti, le particelle minerali regolano il calore del corpo, migliorano la tenuta muscolare. La giusta tensione del corpo, infatti, allevia la percezione del dolore e fa sì che i muscoli rispondano a ogni movimento di auto, barca e aereo. Restituendo al corpo quella stabilità che viene a mancare durante gli spostamenti.
Dunque, pastiglie nel cassetto, e qualche particella addosso?
A tenere in piedi la tesi, ci sono le prove. Da un test effettuato su un campione di 50 persone inclini ai malori da movimento, risulta che i capi Wear is my boat sconfiggono il mal di mare nel 78% dei casi, e, gli altri disturbi da trasporto, addirittura nel 95% delle occasioni.
La startup che, al momento, ha in piano ricavi a quota 1 milione di euro entro la fine dell’anno, potrà contare sicuramente su un mercato copioso: a soffrire di cinetosi è ben il 30% della popolazione mondiale. E, attenzione, non è che il restante 70% sia insensibile al fastidioso e inopportuno disturbo neurologico. Spesso, infatti, le vere vittime del mal da trasporto ‘altrui’ sono i compagni di viaggio che, oltre a dare cure all’ammalato on the road, sono costretti ad abituare l’udito a lagne e piagnucolii e la vista a, per così dire, performance spiacevoli come il rigetto.
Ma, ormai, contro il male c’è un rimedio fashion. E, dato che il Natale è alle porte, forse è arrivato il momento di rinnovare il guardaroba e prenotare un viaggio. Magari in un posto esotico. E magari in barca. Where is my boat?