Ha i tratti di un essere umano, in formato nano. L’altezza di un bambino. Cammina in posizione eretta. Ma l’andatura è più artificiale. Talvolta, addirittura, si sposta su due o quattro ruote che sono parte integrante del corpo. Parla come ET, ma i suoi lineamenti sono più delicati, e il suo colorito più chiaro e uniforme. Non è un extraterrestre, non è un elfo, non è un transformer. Si chiama Pepper ed è un androide che ‘imita’ l’uomo, in movenze e atteggiamenti. Oltre che nelle forme. E, talvolta, gli ruba il posto di lavoro: Pepper è pronto a debuttare come commesso in uno store.
Il primato del fenomeno (che non risparmia neanche gli States) spetta al Giappone. O meglio, alla Nestlé. Dal prossimo dicembre la multinazionale svizzera ingaggerà commessi robot, appunto, nelle filiali giapponesi.
I nuovi assunti di casa Nestlé saranno fatti con lo stampino: alti circa un metro e venti, pesano 28 chili e sfoggiano un incarnato bianco candido come la neve. Hanno due occhioni grandi, tondi e teneri. Pepper ha un tablet sul petto, risposta pronta q.b. (quanto basta), una buona dose di interattività. Questi gli ingredienti che compongono la ricetta del nuovo addetto al reparto vendite Nescafè. Forse mancheranno di humour ed empatia. E l’approccio sarà, come dire, ‘robotico’. Ma lo sguardo è amichevole.
Pepper è il primo al mondo in grado di sentire, imparare ed esprimere le emozioni. Riconosce la voce umana, il significato delle parole e distingue sentimenti come gioia, sorpresa, rabbia, dubbio e tristezza. Dell’uomo interpreta l’espressione del viso e il linguaggio del corpo. E’ anche in grado di ballare e sa intrattenere le persone. Comprende 4.500 parole e si muove fino ad una velocità di 3 chilometri orari, ed in media con una ricarica è in grado di funzionare per circa 12 ore.
In questo modo, i negozi di elettrodomestici nipponici, agli scaffali delle macchinette del caffè a marchio Nescafè, avranno un referente speciale, dei veri e propri intenditori di coffee, capaci di distinguerne il gusto, di dispensare suggerimenti sulla miscela giusta, di fornire spiegazioni dettagliate sugli articoli in modo interattivo. Pepper dialoga con i clienti con charm e naturalezza.
Gli androidi verranno utilizzati da subito come veri e propri venditori all’interno di una ventina di store, ma l’obiettivo della multinazionale elvetica è quello di inserirli in mille negozi su scala globale entro la fine del prossimo anno, investendo quindi sul loro appeal per migliorare la shopping experience.
L’umanoide in questione è stato realizzato dal colosso delle telecomunicazioni a stelle e strisce Softbank in collaborazione con il produttore francese di robotica Aldebaran Robotics. Progettato come robot di compagnia, sarà messo in vendita al pubblico nel febbraio 2015. Al debutto ‘at work’, dunque, seguirà l’esordio sul mercato, al costo di circa 1.400 euro. Tant’è che indiscrezioni di stampa lo vedono sul podio dei collaboratori domestici, meccanico rivale di tate e badanti.
A differenza di collaboratori e collaboratrici domestici, Pepper potrà poi contare su aggiornamenti continui attraverso il download continuo di applicazioni.
Il fenomeno non lascia indifferente l’America. Il commesso robot arriverà anche sotto l’albero di Natale della California. Per gli acquisti natalizi, infatti, la catena Usa di grandi negozi di ferramenta Lowe’s ha ‘assunto’ due robot in sostituzione dei commessi stagionali. I due umanoidi che sbarcheranno nell’organico dell’Ochard Supply Store di San José si chiamano Oshbot. Con scanner e telecamera 3D incorporati, che consentono di distinguere i prodotti e indicarne la collocazione in scaffale, il piccolo semiumanoide parla diverse lingue ma ha meno autonomia del suo collega Pepper. Infatti, è collegato tramite wifi in remoto a un commesso in carne ed ossa che monitora la sua attività e può intervenire in caso di richieste ‘difficili’.
I robot, nati dalla partnership tra gli Innovation Labs della Lowe’s e Fellow Robots, una società della Silicon Valley che progetta e sviluppa robot per servizi autonomi, consentiranno ai commessi ‘tradizionali’ di dedicarsi a un livello più avanzato di assistenza, liberandoli dall’incombenza di compiti più ‘easy’.
Certo, la prospettiva di una ‘sostituzione’ dei dipendenti non è tranquillizzante. Tra le analisi che circolano, uno studio firmato da Carl Benedikt Frey e Michael Osborne dell’Università di Oxford indica che il 47% dei lavori più comuni sparirà nei prossimi decenni.
Per adesso Oshbot è in stage. Ma cerca un posto fisso.