Il regista di “The Truman show” ci aveva visto giusto. Il mondo sta diventando un reality show permanente: cantanti, cuochi e ballerini si sfidano a tutte le ore in trasmissioni mandate in replica all’infinito. Poche settimane fa, la formula del reality ha traslocato in sala operatoria mettendo a confronto due equipe mediche specializzate in chirurgia estetica. Stavolta, la televisione non c’entra, ma il meccanismo del contest differisce poco dai format che affollano il piccolo schermo. E chissà che qualche multinazionale non ne realizzi davvero una serie tv.
I media sono sempre stati affascinati dal simbiotico rapporto che lega la chirurgia estetica all’innata missione (ossessione?) di apparire più sani, più belli, più giovani. Molto prima che i blog di mezzo mondo si interrogassero sul nuovo aspetto che l’attrice americana Renée Zellweger ha deciso di dare alla sua faccia, fior di scrittori hanno partorito esilaranti sceneggiature sull’argomento.
Nel 1992 la dark comedy di Robert Zemeckis “La morte di fa bella” precorre i tempi dando voce a donne (magistralmente interpretate da Meryl Streep, Goldie Hawn e Isabella Rossellini) disposte a tutto pur di tornare a essere ragazze.
Per sei stagioni, il telefilm cult Nip/Tuck ha descritto l’ossessione tipicamente californiana per i bisturi raccontando una società malata di perfezionismo estetico, alla costante ricerca di canoni stereotipati, irreali, impossibili da raggiungere.
Dalla fiction alla realtà; non si contano i reality show che seguono le fasi pre e post intervento drammatizzando storie di ordinaria insoddisfazione fisica: Extreme makeover, Chirurgia XXL, Bridalplasty (per rimettersi a nuovo prima del fatidico “sì”). Operazioni a seno, naso, addome, palpebre, labbra… Lo spettatore diventa testimone di tribolazioni fisiche sempre diverse e sempre uguali. Cambiano i protagonisti, ma l’intreccio è più statico degli zigomi di Cher.
E poi arriva il convegno sanitario di qualche settimana fa. In una Salò in riedizione quasi pasoliniana, due gruppi di chirurghi si sono battuti per decretare quale fosse l’intervento di rinoplastica migliore. Da una parte, il team che predilige la tecnica ‘aperta’, dall’altra i fautori di quella ‘chiusa’ (con le sonde). I sostenitori dei due diversi approcci si sono confrontati sia in sala operatoria, eseguendo interventi su pazienti con difetti simili, sia sul podio, spiegando le ragioni a sostegno della loro scelta. Le operazioni oggetto della sfida sono state otto, due per ogni diverso difetto. Nella prima i medici hanno operato nasi caratterizzati da punta voluminosa con ptosi dinamica, cui sono seguiti interventi per rimodellare nasi con gibbo evidenti, nasi torti e con collasso della valvola nasale.
Il pubblico ha potuto seguire ogni dettaglio delle operazioni grazie alle trasmissioni televisive in alta definizione (e senza interruzioni pubblicitarie!). In seguito, i chirurghi operatori si sono confrontati per parecchie ore cercando di convincere i partecipanti al Congresso che la tecnica di loro preferenza offre più vantaggi dell’altra. A termine della kermesse sono stati raccolti moduli di che hanno preso in considerazione elementi quali le possibilità di offrire risultati prevedibili, la durata dell’operazione, la presenza di cicatrici visibili, la rigidità e la naturalezza post-operatoria dei tessuti nasali, ecc.
Sebbene le schede abbiano messo in evidenza una lieve preferenza dei partecipanti per la tecnica chiusa, gran parte del pubblico ha preferito non esprimere alcuna opinione perché le due squadre hanno portato argomentazioni convincenti a favore di entrambe le tesi.
La sfida avrebbe fatto faville in tv apportando però una piccola modifica: introdurre il televoto. Zero a zero è un risultato poco apprezzato e ancor meno spettacolare.