Salire sul grattacielo più alto d’Italia (50 piani per 207 metri totali) con il suo progettista, l’architetto giapponese Arata Isozaki, e vedere materializzata la sua visione dell’architettura. Poi volgere lo sguardo verso il basso e capire perché il suo ideatore la definisce ‘Endless Tower‘. Tutto si ridimensiona: dagli spazi della Fiera (indefinibile aggregato) allo Stadio di San Siro (piccolo mausoleo) ai palazzi storici che, là sotto, spariscono.
Torre Isozaki, l’idea è ora materia from PambiancoTv on Vimeo.
A sei mesi dalla conclusione del cantiere, la torre progettata nel 2004 svetta ormai al di sopra della città e di quelli che fino ad oggi sono stati i suoi simboli. Il Pirellone, la Torre Velasca, monumento alla verticalità anni Cinquanta, il Duomo. Da quest’ultimo, si vocifera che la ‘madonnina’ possa prendere il volo per posarsi sul nuovo palazzo più alto di Milano. O, almeno, così vorrebbe la tradizione. Se ne era già parlato ai tempi per il Palazzo della Regione che si era accontentato di una meno pretenziosa miniatura.
Benedetta o meno, la Torre è figlia della visione architettonica dell’archistar giapponese Arata Isozaki, fatta di volumi monolitici alla ricerca dell’armonia tra uomo e natura. Con esiti decisamente monumentali.
“Le metropoli moderne avranno sempre più la necessità di espandersi verticalmente con i grattacieli – spiega Isozaki – e nel progettarli bisogna considerare le caratteristiche dell’ambiente, l’impatto del vento o dei terremoti, frequenti in Giappone. Bisogna creare strutture dinamiche e snelle. In qualità di creativo, di architetto, ogni mio progetto deve proporre un elemento innovativo tenendo però in conto le necessarie leggi del rapporto tra individuo e ambiente. In questa torre sono riuscito a realizzare alcune delle mie idee. Ne sono felice.”
Il concept architettonico si ispira al modello della endless column di Brancusi, una scultura dai volumi modulari che potrebbero ripetersi senza soluzione di continuità, come metafora di una costruzione che non conosce limiti nella sua aspirazione alla massima verticalità. Un concetto che viene reso attraverso la realizzazione di sistemi modulari di facciata ricurva replicati per tutta l’altezza.
La torre è fortemente connessa al tessuto urbano al quale vuole palesare la sua struttura portandola all’esterno: saranno infatti visibili gli ascensori panoramici, sono già visibili i quattro puntoni color oro alti 40/60 metri che, sorta di tiranti, arrivano fino all’11esimo piano e sembrano sorreggere il grattacielo “flessibile al vento, perché l’architettura deve ricercare il dinamismo, non la staticità” secondo le parole di Isozaki. E poi vetro per accogliere la luce del sole in ogni locale e pannelli fotovoltaici per alimentare la torre con energie rinnovabili (anche queste, dunque, concettualmente endless).
La Torre si inserisce nel progetto integrato Citylife, gestito da Armando Borghi, AD di Citylife, società interamente controllata dal Gruppo Generali, che è composto da tre grandi linee di sviluppo. La Torre che sarà adibita a uso uffici, un grande retail park che verrà realizzato sotto le tre torri, e la parte residenziale che si compone del lotto Hadid e del lotto Libeskind.
Sembra piccolo, ma nasce un mondo. Laggiù ai piedi della torre senza fine.