Arriva nelle sale cinematografiche italiane del circuito The Space solo per tre giorni, e cioè l’8, il 9 e il 10 settembre, per poi essere distribuito in dvd da Real Cinema di Feltrinelli, il docu-film “The director. Inside the house of Gucci” di Cristina Voros. Prodotto da James Franco e articolato in tre atti, il film è dedicato alla vita pubblica e privata di Frida Giannini, vulcanico direttore creativo di Gucci visto come donna, leader e artista, e ripercorre in circa 90 minuti i 18 mesi passati a esplorare cosa si cela dietro al glamour del brand.
“Frida è tosta, bellissima e semplice, ed e così, proprio come mi è sempre apparsa fin dal nostro primo incontro, che volevo ritrarla”, ha spiegato Franco, fasciato da un abito grigio rigorosamente Gucci, al pubblico della mondanissima prima italiana di Roma in Piazza Esedra. Sorriso malandrino e piglio ironico, Franco, che da 5 anni è il volto della maison della doppia G, ha voluto, con questo fashion movie “rendere omaggio a una donna, Frida Giannini, affidando a un’altra donna, (la film maker Cristina Voros) un film del tutto inedito”. E, per usare le parole della stessa Voros, cresciuta accanto a due zie sarte, “un affresco della cultura estetica dell’Italia di oggi e della dimensione artigianale della moda”.
Presente alla Biennale del Cinema di Venezia in questi giorni con il suo film “The sound and the Fury”, il poliedrico talento di Hollywood (è attore, romanziere, regista, docente di cinema ecc.), confessa di ammirare moltissimo i grandi maestri del cinema tricolore: “Pasolini, Fellini, Antonioni, De Sica mi hanno sempre ispirato”. E aggiunge: “L’idea di girare un film sul lato segreto di Frida e sul suo processo creativo mi è venuta 3 anni fa quando la maison presentava a Roma il restauro de La Dolce vita”.
Il rapporto fra Gucci e il cinema comincia negli anni 70, per poi concretizzarsi, in forma di borse col manico di bambù e scarpe col morsetto, nel guardaroba dei divi di Hollywood che sostavano nella boutique romana di via Condotti per fare shopping. La stessa regista di “The director” ricorda : “Rubavo a mio padre i mocassini di Gucci per indossarli a scuola”. “Frida ha sempre disegnato fin da quando aveva 6 anni e a quell’età le ho riservato una stanza bianca per permetterle di dipingere in libertà”, racconta il padre architetto della stilista romana, divisa fra la passione ardente per la moda e il desiderio di una vita semplice che le consente oggi di avere una famiglia vera e di poter stare ai fornelli a cucinare pesce fresco per genitori e amici in una villa, un tempo abitata da Pasolini, sulla spiaggia di Sabaudia.
Il film approfondisce infatti anche i lati intimi della parabola creativa di Frida e della sua vita accanto al presidente e amministratore delegato di Gucci, Patrizio di Marco, con cui ha avuto la figlia Greta, nata nel marzo 2013. Ma la carriera resta pur sempre in cima alla lista: “Amo la storia del marchio, soprattutto i suoi motivi iconici come la stampa ‘Flora’ – dice nel film -, ma non posso ignorare che il nuovo orizzonte di Gucci è la Cina”. E qui, a Shanghai durante i preparativi di una grande sfilata, riesce perfino a scovare un autentico pezzo d’archivio, uno zainetto rosso che entrerà prontamente nel museo di Firenze da lei voluto e inaugurato.
“L’industria della moda si prende troppo sul serio”, spiega davanti alla telecamera della regista che la riprende mentre con poche parole decide la sorte di un’intera collezione, che nasce e si sviluppa sempre da un’idea o una musa, perseguendola con coerenza e linearità. “Frida è sempre esigente, ma con lei si lavora bene perché non ci sono cambi di rotta dell’ultimo minuto”, dice Davide Renne, direttore del womenswear che lavora a Roma sotto lo sguardo vigile della stilista. “Alcuni dei miei collaboratori sono con me da 10 anni e sono come una seconda famiglia”.
Anche se poi quando l’orlo di un pantalone non è cucito bene o “le modelle sembrano tutte bamboline”, la designer non manca di farlo notare con un’occhiata. “Una donna di potere – spiega Frida – può essere dura pur essendo femminile e seducente. Anche i Gucci Boy devono trasmettere potere, fierezza e sex appeal: li preferisco giovani, e fra i modelli scelgo sempre volti nuovi perché la moda è freschezza e deve far sognare”, proprio come il cinema. L’idillio fra Gucci e la settima arte prosegue oggi non solo con la collaborazione alla “The film Foundation” di Martin Scorsese (nel 2013 il brand ha contribuito al restauro di “Gioventù Bruciata”) ma anche con il munifico supporto della maison ai giovani cineasti di tutto il mondo mediante la Biennale College Cinema istituita a Venezia nel 2012.