Negli ultimi mesi si sono accesi i riflettori sul sistema moda nazionale, inteso quale modello di filiera, con una catena del prodotto, da monte a valle, pressoché unica al mondo. Se ne è parlato per l’accendersi evidente dell’interesse straniero nell’acquisire aziende produttrici, di piccole e medie dimensioni, ma con notevoli tradizioni qualitative. Se ne è parlato in merito al trend della rilocalizzazione (re-shoring), per cui importanti griffe hanno riportato a casa (o nelle vicinanze di casa) produzioni per le quali si è riscoperto il valore del territorio di origine. Se ne è parlato, per quanto indirettamente, anche nelle recenti manifestazioni della moda uomo, durante le quali la parola chiave è stata “tradizione”, da intendersi quale ricerca della garanzia di prodotto e di servizio, che solo una filiera solida può garantire. Ebbene, l’accendersi dei riflettori sembra coincidere con i primi effetti concreti. I numeri della congiuntura sembrano indicare che, nella prima parte dell’anno, c’è stato un risveglio nei comparti a monte: filati e tessuti. Nel primo trimestre 2014, secondo i dati forniti dal salone italiano del tessile e accessori MilanoUnica, l’andamento delle esportazioni del comparto ha segnato l’inversione del trend negativo registrato nello stesso periodo del 2013. L’export della tessitura è cresciuto del 6 per cento. A trainare la ripresa ci ha pensato l’Europa che ha messo a segno un +10,4%, contro il +1,1% dei Paesi extra Ue. Per quanto riguarda i filati, il messaggio è arrivato dal Pitti di Firenze, dove la manifestazione dedicata al settore ha registrato una crescita dei buyer dell’8,5% con un evidente exploit (+7%) di quelli provenienti dall’Italia. Questo risveglio è ancora più significativo per due ragioni. La prima è che i comparti a monte sono quelli che hanno subito le scosse più violente della crisi negli ultimi anni, e parevano un ventre molle destinato a venire travolto quasi senza possibilità di difesa. La seconda è che la spinta al risveglio, sia per i filati sia per i tessuti, pare arrivata dai clienti domestici, ossia da Italia ed Europa. Non parrebbe trattarsi, dunque, di una fiammata dovuta a impennate transitorie dell’uno o dell’altro mercato emergente. Bensì di una ri-messa in moto del sistema. Insomma, l’interesse, con il quale il mondo della moda italiana è tornato a guardare alla propria filiera, potrebbe non essere solo una presa di posizione di immagine. Ma potrebbe derivare (il condizionale è d’obbligo e un po’ scaramantico) da una presa di coscienza e, dunque, da una revisione delle strategie che hanno le caratteristiche di un’inversione di marcia strutturale.
David Pambianco