“Fino ad oggi, chi si occupava di moda o design era considerato un UFO, in quanto, essendo settori di nicchia, erano ritenuti poco importanti”. La frase, quanto mai ad effetto, è stata pronunciata dal Presidente del consiglio Matteo Renzi in occasione dell’apertura del Pitti Uomo al suo 60esimo anniversario, martedì 17 giugno.
Queste parole hanno un valore metaforico piuttosto centrato. Il termine UFO, infatti, è appropriato per un mondo politico che da decenni si limita a promettere di considerare la moda una delle prime industrie nazionali, salvo poi dimenticarsi di dar seguito a vere strategie politico-economiche di supporto. Per contro, la stessa moda, si è sempre presentata profondamente divisa, con una parte dominante, quella del lusso, che si relazionava in modo quasi sprezzante con la sua filiera a monte.
Oggi però, dopo un paio di decenni, inizia a diffondersi la consapevolezza che la moda italiana ha ottenuto il suo posizionamento mondiale d’eccellenza perché è un tutt’uno tra il lusso ‘front line’ e l’intera catena produttiva che gli sta dietro, con le aziende che operano a monte, importanti al pari dello show di lustrini e paillettes esibito a valle. I segnali di questo riequilibrio sono diversi. Lo si evince dalla più evidente ricerca di una valorizzazione delle filiere, promossa, a dire il vero, in primo luogo, dai grandi gruppi del lusso straniero. Così come dalla spinta alla rilocalizzazione che emerge sempre più chiara in questi ultimi mesi, se si ascoltano le parole di Confindustria e dello stesso Renzi.
È in questo nuovo clima ‘da sistema’ che il Governo trova l’ispirazione per proporre investimenti ‘di sistema’ e cioè le quindici fiere per cui il viceministro Carlo Calenda ha promesso 30 milioni nel 2015. E in questo scenario il Governo potrebbe giocarsi anche un successo nel semestre italiano a Bruxelles, sul fronte dell’etichetta di origine.
Questa combinazione di fattori comincia cosi a produrre il cambiamento più importante: considerare la moda come una vera industria, al di là dei facili abbinamenti alla frivolezza presunta del settore, e lasciando meno spazio agli ‘oggetti non identificati’.
David Pambianco