Non è più l’eclettico personaggio ottocentesco, ma la sua versione ‘metropolitana’ ad aggirarsi ancora per le nostre città. ‘Irremovibilmente determinato a non essere coinvolto’, come direbbe Baudelaire, il moderno dandy trascinato dallo ‘spleen’ congenito va in cerca di qualche passatempo alla sua altezza, da gustare con discrezione. Bene, ora un indirizzo c’è: è la Galleria Permanente Wunderkammer Visionnaire, nell’ex cinema Cavour di Milano. Uno spazio che ospita oggetti di design molto particolari in edizione limitata e opere esclusive di artisti e designer in linea con la filosofia del brand di arredamento, capace di farsi notare. Ora è di scena ‘Lost Beauty’, solo un esempio delle contaminazioni tra arte e design che caratterizzano il marchio.
Che sia il dandismo wildiano o il decadentismo dannunziano ad aver originato le opere d’arte che compongono questa mostra non si sa, certo è che l’estetica ne sia protagonista. Sottotitolo dell’esposizione è infatti ‘A spectacular tribute to the hidden side of beauty’, ovvero la bellezza ricercata in rappresentazioni insolite della realtà.
Se la forza cruda dell’impatto visivo delle opere esposte, incontenibilmente significanti, fa avvertire la dannunziana fragilità dell’esteta di fronte a un mondo lacerato da realtà così brutali, è solo lasciandosi andare che si sperimenta, come richiesto, l’estetica dandy delle creazioni. “Eletti sono coloro per i quali le cose belle non hanno altro significato che di pura bellezza”, diceva il grande scrittore inglese.
Da guardare e da collezionare, gli oggetti si ispirano alle caratteristiche, sia estetiche sia filosofiche, del dandismo: lussuosa decadenza, eccessi materici e sensoriali, e non ultima, abbondanza smisurata per la cura nei dettagli degli oggetti e dell’allestimento. In un’ambientazione gotico-vittoriana si collocano, dunque, sculture e opere immaginifiche realizzate in ceramica, silicone, resina, vernici e materiali preziosi, come l’airone in ceramica di Bertozzi e Casoni o le figure zoomorfe di Michele Astolfi. Oltre al linguaggio scultoreo, immagini fotografiche immortalano donne dall’aria preraffaellita, un pavone che si specchia in un separé o grovigli indistinti di petali e piume dai colori cupi e inquietanti.
Come non immaginare, allora, il dandy visionario e viaggiatore che, concluso il percorso, torna in strada conscio di essere tra i pochi ad aver realmente compreso (e apprezzato) questo momento di arte e rafforzato nella sua convinzione che esista una grande distanza tra lui e il resto del mondo.