Glamour da fiaba. Ma, soprattutto, grande cinema dominato da temi di denuncia come la crisi, la guerra, l’abuso sui minori, la condizione femminile. Tutto questo e altro di scena all’ultima edizione del Festival di Cannes. Protagoniste le donne, eroine di un mondo vacillante. Ecco la selezione cinematografica dei 5 film di Mood.
Il più toccante: “Deux jours, une nuit” di Jean-Pierre e Luc Dardenne.
Un film intriso di speranza e umanità: Sandra (Marion Cotillard) aiutata dal marito Manu (Fabrizio Rongione) ha un weekend per convincere i suoi ex colleghi a rinunciare a un bonus aziendale per recuperare il suo posto di lavoro. Stavolta i Dardenne rinunciano a rappresentare il capitalismo selvaggio per dipingere un ritratto pieno di forza e passione di una piccola comunità in cui la solidarietà sembra ancora avere un senso. Il ruolo della Cotillard è uno dei più intensi fra quelli femminili presenti al festival per il pathos emotivo e l’energia che sprigiona.
Il più controverso: “Saint Laurent” di Bertrand Bonello.
Il film, presentato a qualche mese di distanza dall’altro biopic diretto da Jalil Lespert, debutta sulla Croisette con gli anatemi della maison parigina e dell’alter ego dello stilista, Pierre Bergé che, diversamente dall’altra pellicola, non ha dato il suo consenso a quest’ultima versione. Qui la figura del couturier, interpretato da Gaspard Ulliel, meno somigliante al defunto stilista e forse meno carismatico dell’altro Saint Laurent, Pierre Niney, appare ambigua, decorativa e cupa, quasi ‘viscontiana’ secondo le parole di Bonello che puntava a ‘un’odissea nella mente dello stilista’. Ulliel propone un’immagine ‘carnale’ e sexy del couturier, soprattutto nel suo flirt con Jacques de Bascher (Louis Garrel). Curiosità: la scena del bacio nel film fra i due è l’unica assente dalla sceneggiatura.
Il più visionario: “Maps to the stars” di David Cronenberg.
Il cineasta di “Videodrome” si è aggiudicato un Palmarès grazie all’interpretazione di Julianne Moore (premiata come miglior attrice) con il suo film frutto di 10 anni di lavoro dedicato all’efferatezza schizoide di Hollywood. L’attrice si è calata nel ruolo grottesco di Hava, una diva sul viale del tramonto, figlia d’arte e perseguitata da allucinazioni in cui rivede la madre morta, algida e perversa. Sarà giustiziata, in una scena truculenta, dalla sua folle assistente Agata (Mia Wasikowska). La ragazza dal corpo ustionato ha un torbido passato: da piccola è stata internata per il suo tentativo di dare fuoco alla dimora di famiglia e al suo fratellino Benjamin, inquietante divo in erba vittima dello star system d’oltreoceano, come di una famiglia in cui l’incesto fra fratelli è in primo piano. Nel film ricorre il viola, simbolo forse di spiritualità, contrapposta al materialismo della mecca del cinema.
Il più elegiaco: “Le meraviglie” di Alice Rohrwacher.
Ha ottenuto il Gran Premio della giuria. Un film intimista che racconta le vicissitudini di una famiglia di apicoltori, un ‘gineceo’ dominato dalla madre (Alba Rohrwacher) e, soprattutto, da un padre rude ma idealista (Sam Louwyck). Nella pellicola svetta Gelsomina, la primogenita, un’adolescente che sogna di evadere dal mondo rurale alla ricerca della sua identità, folgorata, nel suo percorso, da Milly Catena (Monica Bellucci), starlette di un reality sulle eccellenze agricole. Per usare le parole della regista: “L’Italia è un po’ come Gelsomina: ha voglia di crescere ma non sa come fare”.
Il più regale: “Grace di Monaco” di Olivier Dahan.
Il regista francese ha suscitato l’ira dei Grimaldi con un film che descrive a tinte fosche, ma con rarefatta eleganza, un anno particolare della vita di Grace Kelly: il 1962. Quando la star di Hitchcock, qui interpretata da una convincente Nicole Kidman, deve scegliere fra l’amore per il cinema da un lato e dall’altro quello per la sua famiglia e per il Principato di Monaco che rischiò, secondo la versione di Dahan, di essere invaso dalle truppe di De Gaulle. Ne emerge una Grace da brivido: problematica, irrequieta e toccante per il suo coraggioso tentativo di salvare dalla guerra la nuova patria. Notevoli i costumi di Gigi Lepage.