Gli scioperi si allargano in Asia e travolgono la Cambogia. Mentre dal 14 aprile protestano gli operai cinesi presso il complesso della Yue Yuen a Dongguan, nella provincia di Guangdong, in quello che è stato indicato come il maggiore sciopero della Cina moderna, ora si scende in piazza anche nello Stato del Sud-est asiatico. Nella capitale Phnom Penh circa 20mila operai tessili hanno alzato la voce.
Lo sciopero ha coinvolto trentadue fabbriche situate nelle zone economiche speciali vicino al confine con il Vietnam, nate con l’obiettivo di sviluppare aree industriali e commerciali attraverso incentivi economici per gli investitori stranieri, per esempio le facilitazioni degli scambi transfrontalieri.
I partecipanti, che quando lo sciopero è iniziato la scorsa settimana erano poche migliaia e poi sono cresciuti nei giorni a seguire, chiedono un bonus pari a 50 dollari, come ricompensa per “non aver scioperato” recentemente, ha detto all’agenzia France Presse il presidente di Collective Union of Movement of Workers Pav Sina. Da parte sua, l’Associazione cambogiana dei produttori tessili (Gmac), come riporta l’agenzia francese, ha negato di aver fatto qualsiasi promessa ai lavoratori in cambio della loro ‘docilità’.
Il nuovo sciopero arriva in un momento di alta tensione per il settore tessile, dopo che un’altra protesta di operai cambogiani per il raddoppio salariale è stata repressa nel sangue a Phnom Penh all’inizio dell’anno. In quella occasione, la polizia militare aveva sparato sulla folla causando almeno tre morti e due feriti. L’escalation della violenza ha acceso i riflettori su un settore chiave per la città, che impiega 650mila cambogiani. Ora, i sindacati hanno intenzione di marciare il primo maggio da Phnom Penh per ribadire le loro richieste: raddoppio del compenso mensile a circa 160 dollari al mese.