Otto milioni di euro. Questa è la cifra sulla quale si arrabatta la moda italiana in queste settimane. Ovvero, i due milioni promessi a Pitti dal viceministro dell’Economia Carlo Calenda e i sei milioni promessi a Milano sempre dallo stesso Calenda. Su questi milioni, si è scatenata la bagarre. “Non si è parlato di cifre”, ha scritto in una nota ufficiale il governo, dopo che la notizia ha iniziato a circolare.
La moda, insomma, finisce in commedia in un periodo che aveva, viceversa, garantito il primo ottimismo da qualche anno a questa parte, per via dei riscontri positivi registrati sull’asse Firenze-Milano, come emerge dal dossier di questo numero del magazine. Una commedia all’italiana. Si negano cifre già sul tavolo dallo scorso settembre e, soprattutto, si negano cifre che risulterebbero comunque risibili a qualsiasi gruppo del lusso con un budget serio di comunicazione (tra il 5 e il 10% del fatturato).
A questo va aggiunto che, a quanto risulta, il Governo non sembra aver fatto del tutto i conti con il deus ex machina: la Corte dei conti. In merito ai finanziamenti, il 7 gennaio Calenda parlò di “fondi provenienti da budget finora inutilizzati”. Le indiscrezioni che circolano fanno riferimento allo smantellamento di sommergibili nucleari. Probabilmente è l’affare in cui l’Italia si è impegnata una decina d’anni fa, a contribuire al riordino della flotta nucleare ex sovietica. Sembra fantascienza. Se anche non confermato, è significativo si parli di un tale “singolare” ambito di provenienza per i contestati sei milioni di Milano.
Se poi arriveranno i milioni per il secondo atto, la commedia sembra destinata a proseguire. Se da settembre sono occorsi quattro mesi di tavoli tra Governo e associazioni (Camera moda, Altagamma, Cosmit) per giungere al punto di dover “smentire” pubblicamente cifre di tale portata, tutto lascia pensare che problemi sorgeranno anche al momento del loro impiego. Si è cercato di ricondurre il contributo sotto la bandiera dell’Expo, manifestazione che, a oggi, si è resa visibile unicamente sul lunghissimo tavolo di italiani seduti a tavola del suo primo spot televisivo. Cibo, ricette e diete. Per il resto, poco di made in Milano o di made in Italy. Moda e design, viceversa, avevano le carte in mano per “colorare” e “disegnare” un’esposizione che non doveva limitarsi a essere una fiera dell’alimentare, bensì una carta di identità della Milano del futuro.
Ecco. Questo futuro-targato-Expo è ormai a un passo da qui. E i fondi ancora navigano nei sommergibili russi. Assieme alle idee.
David Pambianco