Una sola etichetta non basta. Come si legge su Il Sole 24 Ore, Camera di Commercio di Biella insieme con l’associazione Tessile e salute e Unioncamere, ha lanciato la doppia certificazione per la filiera, che le aziende potranno richiedere per garantire la sicurezza dei propri prodotti, una dell’associazione Tessile e salute, che garantisce l’impiego di prodotti non nocivi, l’altra di Unionfiliere (l’organismo di Unioncamere) sulla tracciabilità.
E già si sarebbe formata una lunga fila di buyers giapponesi pronti a incontrare le prime dieci realtà del distretto che hanno intrapreso questo cammino: Filatura DiVè, Filatura Lane Cardate, Lanificio Successori Reda, Filatura Sabotex, Tintoria Mancini, Lanificio Vitale Barberis Canonico, Tintoria Finissaggio 2000, Ripettinatura Alberto, GTI (Gruppo tessile industriale).
In attesa del raggiungimento dell’approvazione comunitaria del pacchetto di norme comunitarie per la tracciabilità dei prodotti europei, ci provano le aziende da sole a percorrere una strada trasparente, anzi ci riprovano. Già nel 2008, infatti, il consiglio direttivo di Itf-Italian textile fashion, l’organismo delle Camere di commercio per la valorizzazione del sistema moda, aveva messo a punto l’etichetta di tracciabilità tessile volontaria, la T&F-Traceability & Fashion, dotandola di quattro voci: il paese dove è avvenuta la filatura, la tessitura, la nobilitazione e il confezionamento.
Intanto, ci pensa Greenpeace a fare il punto sull’impegno dei grandi gruppi italiani. L’associazione ha pubblicato sul suo sito ‘Detox Catwalk’, una sorta di pagella online che valuta i 18 gruppi della moda che hanno aderito a Detox, la campagna contro l’inquinamento lanciata nel 2011. Sul podio, insieme con altri virtuosi come H&M e Mango, ci sono Valentino e Benetton, che hanno il merito di aver intrapreso un percorso per l’eliminazione delle sostanze tossiche all’insegna della trasparenza.
Camera di Commercio di Biella