L’industria della contraffazione continua a mietere vittime. Per quanto riguarda l’Italia, il giro d’affari stimato dei produttori di falsi nel 2012 è tra i 3,7 e i 7,5 miliardi di euro, dove oltre il 60% si riferisce a prodotti d’abbigliamento e di moda, seguiti dall’orologeria.
”L’Italia è prima in Europa per l’acquisto di prodotti contraffatti ed è il quinto paese al mondo per produzione e il fenomeno dell’illegalità e della concorrenza sleale è in espansione anche grazie al web”, ha dichiarato Carlo Guglielmi presidente uscente di Indicam (Istituto di Centromarca per la lotta alla contraffazione), commentando i dati ieri in occasione dell’assemblea annuale dell’istituto. “La crescita esponenziale dell’uso di Internet, accanto alla positiva funzione di grande propulsore del commercio legittimo, ha rappresentato e rappresenta al contempo un fattore di crescita dell’attività contraffattiva”, ha continuato Guglielmi. “Il commercio via web ha avuto uno sviluppo più veloce e più pervasivo del previsto: le regole destinate a proteggere e favorire la crescita di una piantina supposta fragile si rivelano inadeguate per un bosco di mangrovie in espansione”, ha concluso il presidente.
Dal 7% al 9% è la valutazione della quota di vendite di merci contraffatte sull’intero commercio mondiale. Una ricerca dell’Ocse diffusa a giugno 2007 e rivalutata nel 2009 calcola in 250 miliardi di dollari i soli prodotti contraffatti che hanno attraversato qualche frontiera doganale tra la produzione e il consumo. Tenendo conto anche di quelli prodotti e consumati all’interno della stessa area doganale (Ue, Nafta, ecc.) il totale potrebbe raddoppiare o più. Si passa dal 5% dell’industria degli orologi, al 10% della profumeria, al 20% di tessile, moda e abbigliamento.
Dati abbastanza allarmanti se si pensa che 1.850% circa è la stima dell’incremento mondiale della contraffazione dei prodotti negli ultimi anni (1994/2011) e che questo a causato la perdita di 270mila posti di lavoro negli ultimi 10 anni a livello mondiale, di cui circa 125mila nella sola Comunità Europea. La Cina è di gran lunga al primo posto tra i produttori, seguita da Corea, Taiwan e altri paesi dell’area.