Prada ha chiuso i primi sei mesi 2013 con un utile netto di 308,2 milioni di euro, in crescita del 7,6% rispetto a un anno prima. Il risultato “è stato leggermente diluito – scrive la società – dall’impatto delle fluttuazione valutarie oltre che da un più alto tax rate”.
L’ebitda è stato di 551,1 milioni di euro, in crescita del 17,4%, dato che rappresenta un margine del 31,9% sui ricavi netti,
Lo scorso 8 agosto, il gruppo guidato da Patrizio Bertelli aveva comunicato il fatturato sui sei mesi 2013, cresciuto dell’11,6% a 1,727 miliardi di euro (rivisto adesso a 1,728, in aumento dell’11,7%), mantenendo il passo grazie alla forza del mercato in Cina: la crescita dell’area Asia Pacifico era stata del 17,7% (cui si aggiungeva un consistente +16,4% in Giappone). L’Europa si era fermata al +5,7% grazie, peraltro, al flusso di acquisti dei turisti.
Un paio di giorni fa, l’agenzia Reuters, riportava le aspettative di un gruppo di cinque analisti, per i quali gli utili del gruppo nel semestre sarebbero cresciuti del 12% a 321,3 milioni di euro.
L’approfondimento indicava inoltre Prada come una delle griffe meno colpite dal cambio di scenario cinese. Oltre alla tendenza del consumatore del Drago a preferire un lusso meno ostentato e con il logo meno in evidenza, secondo l’agenzia, il mercato oltre Grande Muraglia è stato condizionato dal giro di vite imposto da Pechino alle norme contro i “regali” di lusso (talvolta riconducibili a pratiche di condizionamento dei pubblici ufficiali). Ambito in cui Prada non ha subito i colpi di gruppi molto esposti su orologi e profumi.