I dati parlano chiaro. Tra gennaio e luglio 2012 se la quota di mercato dell’Italia sulle importazioni cinesi di arredamento è stata dell’8,1%, la Germania ha messo a segno il 18,14%, il Giappone il 15% e gli Usa l’8,55 per cento. Le cifre diffuse da China Customs sembrano marchiare di inadeguatezza le aziende medio-piccole dell’arredamento italiano di medio-alta gamma che evidentemente non riescono ad incontrare la sete di design dei ricchi cinesi, la cui domanda di arredamento top class ha superato nel 2012 i 5 miliardi di dollari.
Proprio per sopperire a questa mancanza arriva l’iniziativa “La Cina arreda italiano”, un progetto ideato dall’Ice in collaborazione con FederlegnoArredo, Cosmit, Cna, Confartigianato e con il supporto di Triennale di Milano, Unioncamere e Regione Toscana per promuovere la penetrazione delle imprese italiane in Cina tramite forum, campagne di comunicazione, missioni economiche e fiere di settore.
Se è vero che rispetto ai suoi principali concorrenti l’Italia esporta meno mobili per ufficio e sistemi di illuminazione, è altrettanto vero che ad oggi “è mancata nel settore una strategia specifica per il mercato cinese”, ha affermato nel corso di un’intervista a Il Sole 24 Ore Antonino Laspina, direttore dell’Ice di Pechino. “Poca presenza negli store multibrand, produzione limitata rispetto alla domanda potenziale, tempi lunghi di consegna che incidono sui prezzi. Siamo percepiti al top nell’arredo classico e nel design. Ma per i componenti hi-tech o altamente innovativi si guarda più al prodotto tedesco”, ha concluso Laspina.