Qual è il futuro del made in Italy rispetto al made in China? È questa la questione centrale nell’intervento di François-Henri Pinault al Convegno Pambianco-Intesa Sanpaolo. Il Ceo di PPR ha inizialmente sottolineato come il colosso del lusso francese abbia molto di italiano. Italiane sono infatti 4 delle 10 marche della divisione Luxury, ovvero Gucci, Bottega Veneta, Brioni e Sergio Rossi, le quali rappresentano l’80% del giro d’affari e il 90% del risultato operativo del gruppo.
Il made in Italy è per Pinault “un orientamento strategico nella gestione dei brand, ma anche un ecosistema fragile da proteggere e sostenere con investimenti nella produzione e nelle risorse artigianali”. Ma per quanto tempo ancora durerà l’egemonia italiana – e francese – nell’industria del lusso? “Fino ad oggi – ha affermato – in Paesi emergenti come Cina, India e Brasile, nonostante siano delle potenze economiche e demografiche, non si è sviluppata un’industria del lusso. L’Europa continua a fare la parte del leone in questo settore, come dimostra il fatto che nella classifica Interbrand di quest’anno, tre quarti delle 100 più grandi maison del lusso sono europee. Questo perché nella ricetta che porta all’emergere di un’industria del lusso, c’è un fattore supplementare, cioè il tempo”.
Secondo il manager, l’elemento determinante è la presenza di un savoir faire tradizionale di lunga data. E così, ad esempio, in Cina potranno emergere o sono già nati marchi di lusso nei settori del mobile, della porcellana e della seta, in India del gioiello, mentre sarà difficile che si affermino marchi di prêt-à-porter o pelletteria. “Penso – ha concluso Pinault – che esisterà presto un lusso cinese, indiano o brasiliano ma non necessariamente in tutti i segmenti del mercato, e in ogni caso non alla stessa velocità. Servirà del tempo perché la tradizione si sviluppi e si radichi”.