Un giro d'affari di 1,7 miliardi di euro. Novantasei insegne in tutta Italia. II franchising della moda si presenta con questi numeri nel nostro Paese, confermando il comparto dell'abbigliamento al terzo posto nella classifica dei settori più importanti per il mondo dell'affiliazione commerciale nel 2008.
Numeri in crescita in termini di catene attive (erano 82 ne1 2007) mentre registra una lieve flessione rispetto all'anno precedente il fatturato (pari a 1.965 milioni di euro nel 2007), un dato quest'ultimo in linea con il generale rallentamento dei consumi a di conseguenza del retail.
La sorpresa arriva invece da un comparto che, anno dopo anno, ha conquistato 1'apprezzamento dei consumatori e che, nonostante la crisi, ha visto aumentare senza sosta vendite e fatturato: le catene di intimo (da Intimissimi a Calzedonia, da Tezenis a Yamamay solo per citare alcuni marchi) hanno visto aumentare i ricavi a 1.057 milioni rispetto ai 1.015 del 2007, mentre il mercato ha presentato un consolidamento dei marchi, passati da 16 a 14.
«E la conferma che un prodotto rivolto alle donne come 1'intimo piace sempre di più – spiega Carlo Pambianco, fondatore dell'omonima society di consulenza -. Molti brand hanno adottato una politica attiva di sensibilizzazione e le catene si sono sviluppate a una velocità altrimenti impossibile senza la partnership degli affiliati».
Il ricorso al franchising nel mondo dell'abbigliamento è una scelta quasi obbligata soprattutto per le fasce medie di mercato. Si pensi a Benetton o «marchi di media notorietà – aggiunge Pambianco – che puntano sul franchising per sviluppare la rete piuttosto che i brand di fascia alta e che, invece, sono spinti a curare maggiormente i punti vendita, gestendoli spesso direttamente. Ciò detto, è pur vero che tutti i brand, anche quelli di lusso, si affidano agli affiliati. L'importante è trovare poi un giusto mix tra le reti proprie, il franchising a il multimarca. Tutti i grandi marchi, da Gucci ad Armani, da Ferré a Zegna, gestiscono alcuni punti vendita diretti e altri per via indiretta».
Dopo anni di grande vitalità e di crescita costante, la sfida con cui il franchising deve fare i conti oggi, non solo nella mode, è la saturazione del mercato. «Un problema – spiega Pambianco – che non è tipico unicamente dell'affiliazione commerciale. Tutto il retail, soprattutto in Italia, risulta affollato. Il franchising per certi marchi, soprattutto all'inizio della storia del brand, è utile perché trasferisce sul franchisee i costi di investimento e l'apertura dei negozi».
Ciò spiega perché in alcune aree geografiche il franchising sia molto più sviluppato che in altre. «In Cina e Russia ad esempio è così: costituiscono mercati nuovi, dove le aziende italiane faticano a radicarsi con una rete distributive diretta – conclude Pambianco -. Meglio insomma affidarsi a una gestione locale che conosce i territori e le abitudini dei consumatori».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 19/10/09 a cura di Pambianconews