Pucci ha da pochi giorni un nuovo direttore artistico, Peter Dundas, ed ha aperto poco tempo fa una boutique a Dubai . Abbiamo chiesto a Didier Drouet , general manager della casa di moda fiorentina quali sono i progetti in cantiere di Pucci.
Siete una griffe rigorosamente di nicchia. Che significato ha l'apertura del monomarca nel Dubai Mall e che progetti avete per il Medio Oriente.
In realtà la definizione di Pucci come brand di nicchia trovo che sia riduttiva. Senz'altro abbiamo un'identità fortissima del brand dovuta in particolar modo alle nostre stampe ma stagione dopo stagione stiamo costruendo un marchio molto più ampio e molto più globale in termini di categorie di prodotto. Foulard, borse, scarpe, occhiali e profumi rappresentano una brand extension che abbiamo iniziato alcuni anni fa e che stiamo portando avanti con successo. In forza di questo il significato dell'apertura a Dubai rappresenta un'omaggio alla nostra clientela del Middle East. Per noi infatti, così come per altri brand di lusso, la clientela araba rappresenta una parte decisamente sigificativa del fatturato, e stiamo parlando di un 5-10% tenendo presenti sia gli acquisti che questi clienti fanno in Europa (in particolare a Londra, Milano, Parigi), sia quelli in Medio Oriente. Il nostro focus attuale è infatti questo mercato. Dubai è infatti la sesta boutique che apriamo in medioriente ed apriremo altri 3 negozi nel marzo 2009 a Doha, in Quatar e due in Arabia Saudita, dove entreremo per la prima volta, ad Ar Riyad ed a Jeddah. Abbiamo già scelto e preso le location coadiuvati dai nostri partner locali, per fare un nome il nostro partner principale in Arabia Saudita è Mohamed Al-Fayed.
Pucci si e' sempre distinto per le proprie stampe e colori. avete mai pensato all'India?
E' una bella domanda� credo che ci vorrà un po' di tempo. E' un mercato che ci fa sognare tutti perché stiamo parlando di un miliardo di abitanti, ma è ancora molto difficile da trattare per le diversità e complessità che presenta. Stiamo valutando New Delhi e Bangalore dove un partner locale ci ha proposto una location all'interno di un nuovo mall. L'India è un mercato interessante soprattutto per Pucci che ha da sempre un rapporto particolare con il colore e� se guardiamo nei nostri archivi vedremmo moltissimi capi ricamati che sono diffusissimi nella tradizione indiana. Insomma ritengo che l'India possa creare una sinergia positiva con il brand anche per quanto riguarda l'ispirazione artistica della maison.
Vi siete sempre distinti per le vostre stampe. Alla luce del fatto che con questa particolarità siete riusciti a distinguervi dal gruppo, avete intenzione di apportare innovazioni tecnologiche ai vostri prodotti o avete in mente nuovi progetti per il futuro?
Su questo dovremmo chiedere a Peter Dundas, il nostro nuovo direttore artistico. E' arrivato poche settimane fa in Pucci con delle esperienze in Roberto Cavalli, Ungaro� e sono molto contento di averlo con noi soprattutto perché lui si dedicherà solo a Pucci. Per la maison è una cosa nuova dal momento che i due direttori artistici precedenti, Matthew Williamson e Christian Lacroix, avevano entrambi un proprio brand, perciò erano impegnati su due fronti: da una parte lo sviluppo del loro marchio e dall'altra erano designer per Pucci. Il fatto che Peter Dundas sia dedicato al solo brand Pucci è molto importante perché così siamo in grado di sviluppare molto di più e meglio le nostre collezioni ad esempio di knitwear, stiamo sviluppando le borse, le scarpe e altre categorie di prodotto.. quindi avere un direttore artistico che ci dia la sua opinione su tutto e che ci permetta di avere consistenza e coerenza su tutte le linee sarà sicuramente un importante punto di forza. Peter sta lavorando alla sua prima collezione per Pucci che sarà l'invernale 2009 che sfilerà a Milano a fine febbraio. Ovviamente cerchiamo di mantenere le nostre radici che sono fortissime � quindi lo spirito pucci deve esserci e ci sarà in tutte le nuove creazioni che facciamo, ma nel frattempo cerchiamo sempre di trovare nuove ispirazioni perché se Emilio Pucci fosse vivo oggi è evidente che non vorrebbe fare un'imitazione di se stesso. Cerchiamo sempre nuovi stimoli e nuove associazioni di colori.
Tutte le griffe di moda più importanti subiscono il fenomeno della contraffazione. Voi in che percentuale lo subite e se fate qualcosa per contrastarlo.
E' molto difficile parlare di percentuale perché è quasi impossibile per noi misurare la vastità della cosa. Quello che è vero è che questo fenomeno della contraffazione sta crescendo di pari passo con la crescita del marchio. Infatti negli ultimi anni che abbiamo rilanciato del brand per renderlo più visibile anche in termini di numero di negozi abbiamo notato che le copie di Pucci sono aumentate. Noi subiamo sia il fenomeno della contraffazione che quello dell'imitazione e quest'ultimo è senz'altro più difficile da gestire. La nostra battaglia si fa ogni giorno più dura ma siamo forti dell'appoggio del gruppo LVMH che ha un'esperienza ed un know how in questo campo davvero senza paragone.