Nonostante la crisi il lusso c�è, si vede, si compra, fa aumentare i fatturati delle aziende. Nel 2007 ha rallentato la sua corsa, anche se il settore chiude con un più 10 per cento e si prepara a fare un consuntivo del 2008 positivo con un +9 per cento segnalato da Merryll Linch, nell�attesa di un 2009 su cui incombe, appunto, la crisi economica mondiale. E per l�Italia? Un solo motto: la tradizione ci salverà. Ne è convinto Mario Boselli, presidente della Camera della Moda, che parlando di strategie di un mercato in affanno, segnala almeno quattro punti a favore del “made in Italy”: la perdita di competitività della Cina, la riduzione dell�antidumping in molti Paesi in via di sviluppo, Cina compresa, il calo dei costi delle materie prime, il cambio euro – dollaro che ha visto la moneta europea perdere un po� di potenza sul dollaro e spianare così la strada delle esportazioni. Sarà per tutto questo, se gli imprenditori delle griffe più importanti sembrano conservare un certo ottimismo, tanto che 35 su 40 sono convinti che il fatturato a fine 2008 chiuderà con un più 9,1 per cento, mentre 28 imprenditori su 40 azzardano, per il 2009, una crescita del 6,4. Quello che preoccupa tutti, invece, è il mercato italiano, che soffre la perdita di valore d�acquisto degli stipendi della middle class con un calo delle vendite stimato intorno al 5-6 per cento. Un dato che ha spinto molte aziende a continuare gli investimenti sui mercati esteri.
Ma chi dice lusso dice che cosa? Intanto alta moda e abbigliamento, (32 per cento della produzione), dove l�Italia gioca le sue carte migliori, poi cosmetica e profumeria (23 per cento), gioielli e orologi (20 per cento), scarpe, occhiali, accessori in pelle e seta (19 per cento), accessori per la casa (3 per cento). Il “Rapporto su moda e lusso”, verifica, invece, lo stato di salute delle principali aziende mondiali, 75 società quotate con vendite superiori ai 200 milioni di euro ciascuna e una fatturato complessivo di 240 miliardi di euro l�anno. Ecco i dati. Confermano che nel mondo del lusso globale, il 2007 ha avuto un incremento delle vendite pari al 7.8 (nel 2006 era stato del 10, 5), un margine operativo lordo sostanzialmente invariato al 14,7 per cento. E chi è forte si rafforza sempre più, perché in uno scenario più competitivo e difficile, contano le dimensioni delle aziende: più sono grandi, più reggono e guadagnano.
I budget finanziari e le maggiori capacità di investimento di imprese che fatturano oltre 5 miliardi di euro si traducono in maggiori profitti rispetto a aziende con un fatturato inferiore al miliardo. In altri termini, la redditività degli investimenti delle aziende più forti è pari al 16,3 per cento, le altre si fermano al 10,6. La scelta che premia è, secondo il rapporto, l�apertura di nuovi punti di vendita e la creatività nei prodotti, nella diversificazione dell�offerta da parte di marchi che già godono della fiducia del mercato. Quando si parla di lusso, si pensa a Hermés, Rolex, griffe d�alta moda italiane, poi però, si va a guardare la top ten delle aziende studiate dall�Osservatorio e si scopre che il “numero uno” per Roi, la redditività degli investimenti, è il gruppo svedese Hennes & Mauritz, meglio noto come H&M, la catena di moda a piccoli prezzi che si permette, pero, di avere mini collezioni disegnate solo per lei da alcuni tra i maggiori stilisti della moda. Tra le aziende italiane, sempre al top Luxottica per occhiali e Tod�s, mentre non perde colpi e clienti la raffinatezza di Hermés o l�allegria degli Swatch.